IL MATTINO
Se la giustizia abusa del carcere
di Giovanni Verde
Il ministero della Giustizia ha presentato una relazione sulle misure cautelari personali predisposte nel 2015. Dagli uffici che hanno risposto alla richiesta di monitoraggio risulta che sono state disposte quasi 13mila misure cautelari; di queste più di seimila sono consistite nella custodia cautelare in carcere (46% del totale); tremilasettecento sono statigli arresti domiciliari (29%).
In millequattrocento casi si è disposto l`obbligo della presentazione alla polizia giudiziaria (11%). Il documento analizza, inoltre, il numero dei procedimenti in cui, nel corso del 2015, sono state applicate misure cautelari.
Sono stati 3743 procedimenti, iscritti nella quasi totalità nel 2015; mentre soltanto 151 risalgono ad anni precedenti. Di questi procedimenti, 42 risultano chiusi con sentenza definitiva di assoluzione; per 156 è intervenuta
una sentenza non definitiva di assoluzione.
Per 2405 procedimenti si è avuta condanna non definitiva: in un numero non precisato di casi è stata concessa la sospensione condizionale della pena. Tra questi 2405 procedimenti, in 1006 era stata disposta la custodia in carcere (42%). Per il restante ammontare, nel 42% dei casi si sono ordinati gli arresti
domiciliari; nel rimanente 10% misure alternative.
Questi dati non consentono considerazioni definitive. Lo stesso ministero avverte che essi riguardano soltanto gli uffici che hanno risposto alla richiesta di monitoraggio. Non sappiamo, tuttavia, quale sia la percentuale degli uffici che hanno collaborato. Ci manca la possibilità di fare un raffronto tra il numero delle misure personali ordinate e il numero dei procedimenti pendenti per i quali era possibile disporle. Ci mancano notizie relative alla durata delle misure. Non è chiaro il rapporto tra le tredicimila misure disposte nel 2015 e i 3743 procedimenti iscritti nello stesso anno. Ciò nonostante qualche riflessione può essere azzardata.
La misura cautelare in carcere è stata disposta in oltre seimila casi e, nel corso dei 3473 procedimenti iscritti nel 2015,abbiamo avuto circa duecento assoluzioni e 2405 condanne non definitive, con le quali, in un numero non precisato di casi, è stata concessa la sospensione condizionale della pena. In questi casi (di assoluzione o di condanna con sospensione condizionale della pena) si è, perciò, avuta l`applicazione di una misura cautelare personale (che nel 46% del casi è consistita nella carcerazione) non giustificata. Il numero delle misure cautelari personali è di per sè consistente. Il numero delle carcerazioni preventive non è da sottovalutare (risponde al 46% del totale), così come non può lasciare indifferenti che in non pochi casi (che non possiamo quantificare con esattezza) le misure cautelari sono state disposte
malamente.
Sarebbe facile, sulla base di questi dati, denunciare un eccessivo ricorso alle misure cautelari preventive. Non lo vogliamo fare. Ci rendiamo conto, infatti, della difficoltà in cui opera la magistratura, che, quando non ordina la carcerazione preventiva, non infrequentemente è messa sotto accusa dalla pubblica opinione, che si duole per il lassismo. E abbiamo sotto gli occhi le critiche feroci ai magistrati quante volte gli indagati non arrestati
continuano a delinquere. Insomma, i magistrati sono tra l`incudine e il martello, perché il fondamentale principio della presunzione di innocenza deve fare continuamente i conti con le esigenze di sicurezza sociale particolarmente avvertite in questi momenti bui.
Alla radice del problema vi sono due fattori. Il primo è culturale. Siamo abituati a considerare la giustizia come un affare che riguarda gli altri e, quando riguarda gli altri, abbiamo propensione ad un giustizialismo primitivo.
Dovremmo essere capaci di cambiare la prospettiva e considerare il processo che riguarda gli altri come se fosse il nostro processo. Se riuscissimo a farlo, forse ci renderemmo conto che il ricorso alle misure cautelari personali
dovrebbe essere assolutamente eccezionale e estremamente limitato nel tempo.
E ciò dovrebbe essere avvertito anche dai magistrati, i quali, prima di ordinare tali misure, dovrebbero chiedersi quante possibilità vi siano che l`accusa resista al controllo dibattimentale e dovrebbero evitare di ricorrere a
tali misure quando abbiano a ritenere che l`accoglimento delle richieste della pubblica accusa non siano di evidenza tale da farne pronosticare l`accoglimento con un alto tasso di probabilità. Leggendo le cronache giudiziarie, si ha spesso l`impressione che la misura preventiva sia disposta come una sorta di condanna anticipata quante volte l`accusa e i giudici addetti al controllo abbiano la sensazione della colpevolezza dell`indagato, anche se avvertono la precarietà dell`impianto accusatorio.
L`altro fattore riguarda l`organizzazione e il processo. Le misure cautelari personali sono giustificabili se sono di breve durata. Perché ciò sia reso possibile sarebbe necessario organizzare processi rapidi e immediati. Il nostro
codice di rito non è costruito per tali processi.
Di più. Nel nostro Paese l`unica sanzione effettiva è quella penale. Ciò ha portato a una dilatazione della responsabilità penale sia perchè qualsiasi legge di qualche importanza è accompagnata da divieti penalmente sanzionati,
sia perché non ci si ferma alle cause immediate dell`evento dannoso, ma sempre più spesso si va alla ricerca delle concause mediate o remote. I processi, in tal modo, si complicano; spesso, per l`alto numero degli imputati, diventano difficilmente gestibili; e, comunque, perdono la caratteristica dell`evidenza, che dovrebbe essere a base della sanzione penale, per immergersi nella non facile ricerca di elementi, anche lontani, di imputabilità,
che giustifichino la condanna. Altrove, i processi con molte parti sono eccezionali; da noi sono frequenti. E poi non dimentichiamo la nostra cura per la motivazione. I processi sono rallentati anche per l`esigenza di rendere
conto. Ma quando leggiamo, come è accaduto di recente, di una motivazione depositata dopo più di un anno di oltre milleduecento pagine, oltre al sospetto di un dibattimento dilatato oltre misura, viene da chiedersi se, per paradosso, l`eccesso di motivazione non si traduca in assenza di motivazione, quale nei fatti si ha quando dalla mole delle pagine scritte non è possibile o non è facile
estrarre le effettive «rationes decidendi».
Dovremmo decidere una volta per tutte quale è la giustizia che vogliamo. Per volere troppo o per pretendere troppo dalla magistratura, si finisce con l`avere una giustizia sempre più insoddisfacente.