L’ESPRESSO
Il vetro soffiato www.lespresso.it
Giudice, non dirmi come voti
I magistrati hanno piena libertà di opinione. Ma se fanno
campagne politiche creano un conflitto difficile da sanare
di Eugenio Scalfari
QUALCHE GIORNO fa Armando Spataro, capo della Procura di Torino, ha scritto (sulla “Stampa”) un articolo dal titolo “I magistrati e il diritto di schierarsi”. Il titolo dice tutto rendendo quasi inutile (faccio per dire) la spiegazione. Ma Spataro polemizza con Vladimiro Zagrebelsky perché quest`ultimo contesta la natura costituzionalista dei magistrati e ritiene impropri i loro interventi quando toccano materie che non sono assolutamente di loro pertinenza, a meno che non prendano le opportune precauzioni e si limitino ad affermare le loro opinioni senza ricavarne effetti concreti.
Per meglio chiarire il tema posto da Spataro va detto che egli si propone di sostenere il “No” nel corso del prossimo referendum costituzionale di ottobre, voluto da Renzi. Dico subito che non sono assolutamente d`accordo con Spataro né con le precisazioni di Zagrebelsky che non affronta il merito della questione ma le sue modalità di esercizio. E veniamo al problema.
Il punto di partenza risale alla nascita della democrazia moderna che storicamente risale alla prima metà del Settecento. Al pensiero illuminista e in particolare di Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède e di Montesquieu, autore dell`opera teoricamente fondamentale intitolata “De l`Esprit des Lois”. La democrazia moderna trae origine da quel libro che criticava il potere assoluto dei re (ancora in pieno vigore a quei tempi) e fondava la libertà democratica sulla divisione dei poteri. I poteri sono tre: giurisdizionale, legislativo, esecutivo. Hanno sfere completamente distinte tra loro e rigorosamente separate. Spetta al sovrano di garantire la convivenza nel rispetto che tutti e tre debbono avere sulla base della Costituzione che il sovrano ha promulgato e del quale è garante, assicurando al tempo stesso la convivenza dei tre poteri e la loro separazione.
Montesquieu non spende una sola parola sui Parlamenti che in quell`epoca erano già assemblee vere e proprie in Inghilterra ma non in Francia dove invece riunivano i cosiddetti Stati per sostenerne e possibilmente ampliar-
ne l`influenza. Erano tre gli Stati individuati: la Nobiltà, il Clero, il terzo Stato. Il Re li radunava e ne presiedeva i lavori con riunioni quasi sempre separate tra i vari Ordini ma solo talvolta e per il volere del sovrano potevano
riunirsi insieme. Erano dunque Parlamenti molto sui generis e non certo tali da assicurare democrazia, anche perché alla fine era il re a trarne il succo e trasferirlo in proprie ordinanze che quel succo a volte lo rispettavano a volte lo ignoravano completamente.
Nel 1789 Luigi XVI, che voleva diventare non più un re assoluto ma costituzionale, radunò i tre Stati e ne cominciò l`ascolto separata mente
ma ad un certo punto, sotto la spinta di Mirabeau, rappresentante del terzo Stato, tutti e tre si riunirono e si trasformarono in Assemblea costituente. Ne votarono i vari articoli, la sottoposero al re il quale la accettò e la promulgò.
Tutto questo peraltro ha relativamente ben poco da condividere con la tesi di Montesquieu che rimane comunque il pilastro della democrazia moderna.
HO MOLTA STIMA sia per Spataro sia per Zagrebelsky, ma a mio avviso la tesi del primo è completamente sbagliata e le obiezioni del secondo sono del tutto gratuite: le tesi sbagliate le si contesta, se si obietta sulle loro modalità
vuol dire che se ne accetta la sostanza e quindi sbaglia anche l`obiettore.
Perché è sbagliata? Perché, anche se quel magistrato fosse un pozzo di scienza in materia di Costituzione, come talvolta è, finché esercita la funzione di magistrato, sia come Procuratore, sia come magistrato giudicante, quello deve fare e non altro. Essendo un cittadino ha tutto il diritto di votare sia alle
elezioni sia nei referendum, ma non può essere iscritto a un partito e il suo voto è rigorosamente segreto. Il partito per il quale ha votato e quelli ai quali ha negato il suo consenso sono questioni sue, importanti ma interne.
Dalle quali deve naturalmente prescindere quando esercita le sue funzioni di pubblica accusa o di giudizio di un qualsiasi reato. Il quale tuttavia può aver delle connivenze con le idee politiche che il magistrato legittimamente
nutre dentro di sé. Trasformarsi come in questo caso è avvenuto per Spataro in un vero e proprio militante di quelli che un tempo si chiamavano “agit prop” e il fatto che tutto questo sia volutamente esplicito reca a un cittadino qualunque come me notevole disagio, che potrebbe trasformarsi e diventare
ancora più grave se personalmente fossi sottoposto, per esempio, ad un reato di diffamazione che mi venga contestato e di cui sia giudice un “agit prop”. Potrebbe verificarsi che mi dia ragione perché abbiamo votato entrambi “No” come infatti avverrà per quanto mi riguarda visto che l`ho già detto e scritto più volte. Ma io potrei in quel caso pensare che mi ha dato ragione perché abbiamo votato nello stesso modo. Se invece io avessi votato “Sì” e per caso lui mi condannasse, io potrei credo appellarmi alla Cassazione adducendo una condanna ingiusta e chiedendo d`esser giudicato da un altro tribunale.
Ecco perché non è affatto vietato a un magistrato avere convinzioni politiche anche profonde ma di renderle esplicite e addirittura farne oggetto di militanza pubblica per convincere altri a seguirlo.
LA SUPREMA CORTE di Cassazione, che è l`organo vertice della magistratura, esamina le identità e il numero delle firme apposte al
documento che riguarda la richiesta di referendum. Nient`altro deve fare la Cassazione se non appunto verificare l`esattezza dei requisiti disposti dalla legge. La Corte costituzionale, che è tutt’altra cosa, esamina invece
la congruità dei quesiti di quel referendum rispetto appunto alle norme costituzionali. Dopodiché si vota il “Sì” o il “No” e poi si accertano i risultati e questo è tutto.
La Consulta e prima ancora di lei il Presidente della Repubblica, hanno potere di controllo sull`atteggiamento sopra descritto della magistratura e, ove necessario, ne contestano le manifestazioni. Se così non fosse, addio Montesquieu e addio democrazia. è, già molto difficile difenderla, non ci complicate la vita ancora di più.