IL SOLE 24 ORE
Per fare giustizia occorre cancellare i piccoli uffici
di Gaetano Balice – Osservatorio Fondazione Bruno Visentini – Ceradi, a cura di Valeria Panzironi
Dom.15- Gli interventi sinora compiuti dal Governo non hanno reso il sistema giudiziario più credibile: resta – al di là del tema dei tempi – la insoddisfazione delle vittime mentre quelli dalla parte del torto gongolano.
Il disservizio giustizia è un bel regalo per chi sa di potersi avvalere dei tempi biblici, del riformismo compulsivo eterodiretto da esigenze di consenso (che “spezza le reni” a consolidate giurisprudenze creando sempre nuove cavillose scappatoie), delle prescrizioni, delle scatole cinesi, delle intestazioni fittizie e “caroselli” vari per sottrarsi alle conseguenze penali e risarcitorie delle sue condotte.
Troppe volte l’agognata decisione nel merito finisce per non incidere sul rapporto giuridico oggetto della sentenza, un “nulla di fatto” che implica anche lo sperpero dei soldi pubblici che finanziano il sistema giudiziario. Nulla avviene, vuoi perché la legge “regala” la prescrizione, vuoi perché il condannato o il soccombente ormai è,o finge di essere, incapiente. Eclatante la resa della giustizia tributaria di fronte al “muro di insolvenza”, almeno apparente, del contribuente evasore (incoraggiato, in questo, dai reiterati interventi legislativi con cui è stata concessa la restituzione in termini a coloro che, pur avendo sottoscritto un rateizzo di rientro con Equitalia, non hanno onerato l’impegno).
Per incidere sui tempi e sul funzionamento della pubblica amministrazione giustizia senza particolare impegno di spesa pubblica appare ineludibile la razionalizzazione della distribuzione sul territorio degli Uffici giudiziari, così come sta avvenendo in tutti i campi della Pa. Le resistenze in campo giudiziario, si sa, provengono da quella parte della magistratura che propende più per le carriere che per l’esercizio della giurisdizione e da quella parte dell’avvocatura che si concentra maggiormente sugli organismi di rappresentanza come forma di affermazione personale e professionale. Esigenze legittime, ma lontane da quelle dei cittadini. Chiudere un Tribunale significa abolire varie cariche e onorificenze: in un attimo spariscono il Presidente e il Procuratore Capo, i “vice” e gli “aggiunti”, così pure il Presidente del Consiglio dell’Ordine e i consiglieri, è emblematico che le due categorie, divise su tutto, si abbraccino quando si tratta di difendere un feudo giudiziario inefficiente.
I processi non procedono, nascono senza gambe a causa della continua transumanza dei magistrati, delle carenze di personale e della mancanza di un sistema credibile di avvicendamento.
Quindi, una Procura della Repubblica e un Ufficio Gip distrettuale o regionale, una competenza territoriale regionale dei collegi giudicanti, un Consiglio dell’Ordine degli Avvocati Distrettuale. I processi più delicati (penali e civili) si celebrano solo nel capoluogo servito da un Tribunale con organici poderosi (amministrativi e giudiziari) impermeabili dai pensionamenti o da legittime progressioni di carriera.
Pare che i tempi siano maturi (sic!) per giungere alla “epocale riforma”: la fine della decorrenza della prescrizione con la pronuncia della sentenza di primo grado di condanna. Per evitare che si trasformi in una “summa iniuria” si dovrà ancorare il provvedimento alla razionalizzazione degli uffici giudiziari, diversamente contenderemo al sistema giudiziario indiano il record del processo più lungo del mondo.
Per risolvere il tema del recupero, ovvero eseguire le statuizioni patrimoniali delle sentenze, travolgendo gli artifici preordinati per garantirsi l’impunità, si potrebbe creare un Ufficio Esecuzione della Procura della Repubblica distrettuale o regionale che,dopo il passaggio in giudicato della sentenza, su richiesta della parte interessata compia con gli strumenti propri delle indagini tutti gli accertamenti per individuare il patrimonio nella disponibilità del condannato anche se formalmente intestato a terzi e lo confischi disponendo il trasferimento all’avente diritto contemplando, eventualmente, anche un aggio in favore del Fondo Unico Giustizia. Si tratterebbe, in sostanza, di rafforzare le disposizioni di cui agli articoli 388 del codice penale e 12 sexies della Legge 356/92.