IL TEMPO
Petrelli: «Troppi magistrati fuori ruolo. Così collassa la giustizia»
di Francesco Petrelli – Segretario Unione Camere penali ; *segretario Unione Camere penali
Tutti all’improvviso sembrano scoprire con stupore quel che da almeno dieci anni l’Ucpi ripete con convinzione e sulla base di dati offerti da una accurata rilevazione scientifica: i problemi della giustizia sono quasi interamente ascrivibili alla mancata organizzazione degli uffici e alla carente razionalizzazione delle risorse. Non sono i troppi avvocati o le «ridondanti garanzie» a ingolfare il sistema, né i termini di prescrizione a essere troppo brevi e a impedire che i processi facciano il loro corso. Ora si è aperta una gara che vede in concorso il governo, gli uffici giudiziari (da Napoli a Torino), l’Anm e da ultimo il Csm, a denunciare questa ovvia verità: troppi posti vacanti, troppi magistrati fuori ruolo e organici al collasso. Eppure, sino a pochi giorni fa, tenevano campo, nel silenzio della Politica, le tesi di chi, per abbreviare il processo, vorrebbe eliminare l’appello, come il dott. Caselli, o, come l’Anm, renderlo infinitamente lungo dilatando i termini di prescrizione. Ora qualcuno si avvede che i problemi – come ricordato anche dal Ministro Orlando – sono di natura organizzativa e che prima di tagliare garanzie fondamentali sarebbe meglio ripristinare una macchina efficiente e adeguata alle esigenze di un paese civile. Eppure c’è ancora chi stenta a prendere atto di questa banale verità e continua a vedere la responsabilità dei mali della giustizia solo e soltanto fuori dalla Magistratura. In Italia il motore dei processi sono le Procure che sono presidiate e dirette da magistrati (e non da manager corrotti). Magistrati esercitano l’azione penale e dispongono delle indagini. Magistrati distribuiscono incarichi, regolano carriere, concorsi e formazione, somministrano promozioni e disciplina, esercitando di fatto una autonomia e una indipendenza, prive di responsabilità, che non hanno eguali al mondo. Ma non è mai troppo tardi. Qualcuno, prima o poi, si accorgerà di quanto sia ingiusto far pagare le inefficienze del sistema ai cittadini indagati, alle persone offese e alla società, rendendo eterni i processi, e tagliando via le impugnazioni, che costituiscono una garanzia, come continua ad insegnarci il caso di Enzo Tortora.