IL FATTO QUOTIDIANO
Processo penale, serve più coraggio
di Piergiorgio Morosini
LA FRAMMENTAZIONE parlamentare può anche generare compromessi al ribasso. Sta accadendo su uno dei punti qualificanti della riforma: la prescrizione.
Modificarla era uno degli obiettivi di questo esecutivo. Lo chiedeva anche l`Europa (2015) per una efficace lotta alla corruzione. Ma la politica non riesce a trovare soluzioni razionali che tengano conto dell`attuale realtà
divisioni trasversali. Non solo tra garantisti di comodo e giustizialisti illiberali. Ma anche tra esperti equilibrati. E finanche tra giudici autorevoli. Così, anche per la riforma in cantiere, se il presidente Davigo è iper critico
sulle novità, il vertice della Suprema Corte tende a valorizzarne la portata (es. impugnazioni).
Nessuna riforma contro i giudici”. Con una battuta, il premier blocca il disegno di legge n. 2067 sul processo penale. Lo fa dopo che il presidente della Associazione nazionale magistrati l`aveva bollato come “inutile e dannoso”. Così, le proposte del Guardasigilli, discusse per due anni dentro e fuori il Parlamento, si arenano a pochi metri dal traguardo.
Rinvio tattico per evitare spaccature nella maggioranza? Forse. Timore delle reazioni di magistrati e avvocati, con rischi di impopolarità in una fase delicata della vita repubblicana? Da non escludere. Ma non basta a spiegare lo stop. Da anni, le riforme sul “penale” risentono di polemiche istituzionali, demagogie e opportunismi, che riaffiorano, come in questi giorni, dopo sentenze su personaggi eccellenti. Intanto i processi sono troppi e durano troppo; c`è chi ne abusa (di solito gli imputati più facoltosi); le sanzioni spesso sono tardive e inefficaci; il carcere è l`unica risposta a ogni forma
di devianza, senza essere in grado di rieducare.
Nel Paese dove dilagano corruzione e mafia, le leggi devono coniugare efficienza e garanzie. Ma occorrono maggioranze coese su “temi chiave”: cosa
punire, come punire, con quale processo.
Invece, assistiamo a giudiziaria. Il senatore Casson ha formulato una proposta “di sistema”. Si esclude, per tutti i reati, la possibilità di estinzione del reato
dopo la sentenza di primo grado.
D`altronde, con quella pronuncia lo Stato dimostra tempestivamente
e concretamente l`interesse a punire. Quella soluzione eviterebbe
appelli pretestuosi ori chieste dilatorie finalizzate alla prescrizione, oggi forieri di enorme spreco di risorse giudiziarie.
Ma frazioni della maggioranza pongono il veto. Così si affacciano altre proposte. Prima tra tutte, l`allungamento dei termini di prescrizione per
il solo reato di corruzione. In questo modo, però, “reati spia” come
frode fiscale e falso in bilancio, decisivi per ricostruire manovre
illecite, continuerebbero a prescriversi. Dunque, una soluzione miope e inefficace verso gli abusi del processo.
Che rischia di affievolire l`efficacia di altre misure utili per decongestionare
l`intero carico giudiziario pur presenti nel disegno di legge n. 2067, quali le norme sulle condotte riparatorie che estinguono il reato o quelle che
“scremano” i ricorsi in Appello e in Cassazione. Ma c`è un capitolo
della riforma in es ame che si segnala per la nettezza delle scelte e per la sua organicità.
Sono le norme sull`ordinamento penitenziario. Si aggiorna un impianto risalente al 1975. L`idea ispiratrice è che il carcere non sia solo “neutralizzazione” e non possa ridursi, come oggi, a “pattumiera” della emarginazione sociale. Così, il disegno di legge promuove i diritti dei detenuti
(lavoro, istruzione, religione, relazioni affettive); implementa forme di giustizia riparativa che mostrano attenzione verso le vittime dei reati; insiste sulla finalità rieducativa della pena; e rilancia il ruolo del magistrato di sorveglianza.
AZZERATE le preclusioni della “ex Cirielli”, apre la possibilità, a chi lo merita, di misure alternative al carcere, evitandone il “sovraffollamento”. Il tutto senza rinunciare al rigore con boss e terroristi, come qualcuno ha sbrigativamente sostenuto. Infatti, il 41-bis non viene toccato. E al di fuori di esso sarebbe sempre un giudice a valutare in concreto le condizioni per la concessione di benefici, in base alla “storia” di ogni detenuto.
Le carceri sono il test di civiltà di un Paese. Con i giusti investimenti, le novità proposte sarebbero un grande passo avanti. Non a caso sono frutto d i un confronto tra oltre duecento esperti di diversa estrazione professionale e
culturale. Meriterebbero in Parlamento una corsia preferenziale (stralcio?) per l`immediata approvazione. D`altronde quel capitolo della riforma ha una sua autonomia rispetto al resto. Ci sarà il coraggio per fare, in tempi brevi, almeno questo?