IL CORRIERE DELLA SERA
Urge il varo di una legge che punisca l`uso della tortura
di Valter Vecellio – Vice-capo redattore del TG2
Mi riferisco alla lettera di Carlo Troilo («Tortura, una legge ancora da fare», Corriere del 24 luglio). Penso che in generale le leggi non debbano essere soggette a emozioni del momento, che non debbano esserci neppure «momenti», migliori o peggiori che siano.
Penso che se l`Italia sottoscrive trattati internazionali, non debbano trascorrere, come nel caso in questione, anni e anni perché la legislazione «nazionale» corrisponda a quei trattati; penso sempre con gratitudine alle forze di polizia per quello che fanno; e l`altra sera ho ringraziato un carabiniere che in un posto di blocco ha voluto con cura e meticolosità verificare la mia identità e lo stato della mia automobile. Tutto ciò mi conforta e rassicura.
Tuttavia, come ignorare episodi sconcertanti, inquietanti? Ricordo la terribile pagina costituita dalle violenze gratuite e indiscriminate alla scuola Diaz, in occasione dei giorni del G8 del 2001 a Genova. In quell`occasione si sono commesse gravi violazioni, al di là di ogni principio di umanità. Per tutti valga il caso dell`ultrasettantenne Arnaldo Cestaro. Sembrava una «macelleria messicana» dirà il vice-questore Michelangelo Fournier. Si possono citare altre brutte storie: il caso noto di Stefano Cucchi. Sette giorni dopo l`arresto, muore. La famiglia ancora oggi si batte per sapere chi è il responsabile di questa morte, perché entrato vivo, è uscito morto.
Altra brutta storia a Varese: la notte tra il 13 e il 14 luglio del 2008, i carabinieri fermano due persone, hanno fatto tardi, hanno bevuto. Uno dei due si chiama Giuseppe Uva.
Cosa accade in quella caserma esattamente non si capisce. Però Giuseppe, muore. La perizia chiesta dalla famiglia parla di vere e proprie torture, sevizie. La sorella Lucia racconta di aver visto il corpo del fratello pieno di lividi, e addosso un pannolone pieno di sangue. Si può citare il caso del diciottenne Federico Aldrovandi, di Ferrara. Fermato dalla polizia, l`autopsia parla di 54 lesioni ed ecchimosi; e di Aldo Bianzino, 44 anni: muore nel carcere di
Perugia, due giorni dopo l`arresto, l`autopsia rivela un`emorragia cerebrale e lesioni al fegato. Sono solo alcuni casi di cittadini che entrano vivi in una caserma, in un ufficio di polizia, e ne escono morti.
Casi limitati, l`Italia non è il Cile di Pinochet o l`Egitto di Al Sisi, e comunque sempre troppi: perché molte volte impuniti, rischiano di vanificare il lavoro, spesso oscuro, dei tanti che ogni giorno onorano la divisa che indossano. Anche per la loro tutela e garanzia, credo che il Parlamento debba urgentemente varare una legge che punisca l`uso della tortura.