IL SOLE 24 ORE
Giustizia tributaria, riforma con metodo
di Giancarlo Tattoli
Sembra proprio che il tema del giorno sia la giustizia tributaria. Da tempo se ne auspica un salto di qualità, chiedendone il completo affidamento ai giudici togati, ma l’improvvisa accelerazione desta preoccupazione. La sensazione, o meglio il timore, è che sull’onda emozionale di qualche mela marcia individuata tra i giudici tributari si vorrebbero ora realizzare in «ristretti limiti di tempo» storiche riforme rischiando di buttare via il bambino con l’acqua sporca.
Posto l’obiettivo, che è quello di meglio assicurare indipendenza, terzietà, imparzialità del giudice tributario occorre individuare la via per raggiungerlo. Il prospettato “tavolo tecnico” potrebbe costituire un adeguato strumento per il giusto confronto tra gli «addetti ai lavori». Si dovrebbe mettere a punto l’evoluzione, il traghettamento di questa giustizia che, tutto sommato, non dimostra gli anni che ha, e riesce a mantenere il passo. Come è possibile stabilire la futura struttura, e quanti giudici serviranno (poco importa se nell’ambito di una magistratura tributaria autonoma o di quella ordinaria o amministrativa o contabile), se non si ipotizza il volume e le caratteristiche del futuro contenzioso e, soprattutto, cosa fare e con quali strumenti abbatterlo?
Certo con l’istituto della mediazione-reclamo, che ha un limite che andrebbe adeguatamente aumentato, con qualche modifica per rendere “terza” la struttura. Poi con la “qualità” degli atti dell’amministrazione finanziaria, che dissuade (con la condanna alle spese) dall’intraprendere inutile contenzioso. Per i casi di elevato valore, poi, già da tempo si tocca con mano il più adeguato livello di preparazione degli atti tributari e i risultati in sede contenziosa hanno visto spostare l’asticella a favore delle Entrate. Ma l’Agenzia dovrebbe anche porsi con maggiore convinzione dalla parte del contribuente e promuovere la rimozione di norme che ostacolano il “dialogo”e promuovere la modifica di quelle che generano, un ingiustificato contenzioso, come l’Irap dei professionisti: la Cassazione è stata costretta suo malgrado, a divenire specialista in autonoma organizzazione!
Un caso a parte è quello delle notifiche, da cui nasce forse il 30% del contenzioso. I contribuenti, quelli che con l’amministrazione vogliono parlare, magari senza essere sottoposti all’incubo delle file, non hanno bisogno di notifiche: basta chiamarli al telefono. Per altri è giunto il momento di sostituire l’albo comunale con la Pec. E poi le questioni di “rito”: se un contribuente ha diritto a un rimborso si proceda: le questioni formali andrebbero superate. Un discorso a parte per gli enti locali che contribuiscono al contenzioso con un buon 30% provocato dai metri quadri della Tari, dalle agevolazioni Ici/Imu ingabbiate dai Regolamenti comunali, da inestricabili questioni provocate da pubbliche affissioni e dall’imposta sulla pubblicità.
A proposito di Cassazione, sarebbe opportuna una più frequente “corsia preferenziale” per alcuni temi caldi: iniziativa che eviterebbe il proliferare del contenzioso nel lungo periodo (alcuni anni) di attesa della prima sentenza. Adeguati interventi sui casi “seriali” ridurrebbero, anzi, “sopprimerebbero” il 50% del contenzioso. Forse da qui dovrebbe partire il tavolo del confronto.