IL SOLE 24 ORE
INTERVISTA GIUSEPPE CASCINI PM ROMA
Cascini: «Intercettazioni tramite virus, tutelare la privacy ma norma sia generale»
«Condivido l’emendamento dei relatori sul Trojan horse ma credo sia sbagliato scriverlo così, disciplinando nei minimi particolari l’uso di una singola tecnologia che già domani potrebbe essere superata. Il legislatore non è un amministratore di condominio: si occupa di regole generali e astratte, non di dettagli. Tra l’altro, i criminali stanno già buttando via tutti gli smartphone e vanno a caccia di vecchi telefonini in cui non è inoculabile alcun virus informatico. Anche perciò sarebbe bene che il legislatore evitasse di occuparsi troppo di dettagli».
Giuseppe Cascini, sostituto Pm a Roma, titolare dell’inchiesta Mafia capitale, commenta così una delle principali novità del Ddl sul processo penale, proposta dai relatori Casson e Cucca (Pd) con un emendamento sulle intercettazioni (n. 36.4000), che per la prima volta disciplina l’uso dei captatori informatici autoinstallanti, come il Trojan, attivati su smartphone e dispositivi mobili e capaci di intercettare ogni comunicazione (whatsapp, instagram, telegram ecc). È la nuova frontiera delle intercettazioni, di cui si sono occupate di recente le sezioni unite della Cassazione (Il Sole 24 ore del 30 aprile), aprendo la strada all’utilizzo senza limiti del Trojan nelle inchieste di criminalità organizzata: non solo mafia e terrorismo ma anche corruzione e altri delitti comuni tutte le volte in cui sia ipotizzabile una struttura associativa. Un via libera che (in attesa del deposito della sentenza) ha spinto la maggioranza a intervenire in modo molto dettagliato, a tutela della privacy.
All’emendamento dei relatori ha proposto subemendamenti soltanto il Movimento 5 Stelle per eliminare alcuni di quei dettagli e ampliare il ricorso al Trojan.
Dottor Cascini, come valuta l’emendamento sul Trojan? Ho molte perplessità. Da un lato, sembra ampliare la possibilità di utilizzare questo strumento di indagine rispetto alla decisione della Cassazione, consentendone l’uso per tutti i reati a condizione che l’attivazione degli ascolti possa avvenire da remoto e non con il semplice inserimento del virus; dall’altro lato, non capisco perché limiti l’uso solo alla funzione di registrazione audio, escludendolo per le intercettazioni telematiche, e perché l’audio debba funzionare solo in funzione di stand-by. Come dire che un messaggio di whatsapp non si può intercettare… Ma a parte questo, le perplessità sono di ordine generale.
E cioè? Non si può fare una legge su una questione così specifica. Le leggi devono essere generali e astratte, devono valere per l’oggi ma anche per il futuro. Oggi il captatore informatico è soltanto uno dei tanti strumenti tecnologici attraverso cui intercettare: il legislatore non può pensare di regolarli tutti nel dettaglio. Inoltre, la tecnologia viaggia a una velocità di gran lunga superiore a quella del procedimento legislativo ed è molto probabile che, prima che questa disposizione diventi legge, abbiano inventato qualche altra tecnologia che renderà obsolete anche queste disposizioni.
Non vorrà dire che è meglio nessuna regola? Il legislatore dovrebbe dettare regole generali e astratte, lasciando alla giurisprudenza la concreta applicazione delle norme nei casi particolari. Quindi, dovrebbe limitarsi a dire se è consentito l’uso di una tecnologia che, per le sue caratteristiche, comporta necessariamente l’acquisizione di dati anche oltre i limiti stabiliti dall’autorizzazione del giudice o addirittura dalla legge, con la conseguente inutilizzabilità delle acquisizioni non autorizzate; oppure se in casi come questi debba essere inibito l’uso di quella tecnologia. Questo, in fondo, era il quesito posto alle sezioni unite della Corte, che sembra abbiano scelto la seconda opzione.
Gli avvocati sono contrari all’uso del Trojan perché troppo invasivo della privacy e dopo la sentenza della Cassazione – accusata di aver dato un’interpretazione creativa – hanno parlato di clima giustizialista. Se l’emendamento scavalca la Cassazione, non c’è da stare tranquilli… La soluzione tecnica proposta dai relatori realizza il giusto equilibrio tra esigenze investigative e tutela della riservatezza. Ma ripeto: è sbagliato scrivere così una legge. Il legislatore dovrebbe individuare il punto di equilibrio sul piano generale: se dal punto di vista tecnologico non esiste un modo per controllare uno strumento, bisogna scegliere se il prezzo da pagare in termini di riduzione del diritto alla riservatezza sia troppo alto o no.
Beh, quanto a invasività, il Trojan ricorda un po’ le perquisizioni per blocchi di edifici previste dalle leggi di emergenza degli anni ’70. In effetti è così. Se sparo nel mucchio, prenderò sicuramente ciò che mi interessa, ma colpirò anche molti bersagli innocenti. Tanti di più, quanto più potente è l’arma che uso. È il legislatore che deve stabilire un limite.
Quindi, secondo lei l’emendamento va riscritto? Sì, nei termini che ho spiegato. Già domani, infatti, potrei trovarmi a usare una tecnologia nuova che pone problemi che questa norma non mi aiuta a risolvere, mentre si dovrebbero fissare regole che valgano oggi per il captatore e domani per i suoi “discendenti”. Donatella Stasio