ABRUZZOWEB
IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA INTERVISTATO DA ABRUZZOWEB
Chiusura tribunali minori, Orlando allontana proroga, “sbagliate eccezioni”
L’AQUILA – “Penso che sarebbe sbagliato fare dell’Abruzzo una eccezione a livello nazionale. La riforma della geografia giudiziaria ha apportato dei miglioramenti del sistema che credo valgano e debbano valere anche per l’Abruzzo”.
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ha rilasciato una lunga intervista ad AbruzzoWeb in cui ha spaziato dal referendum al partito, chiude così ad ogni ipotesi di mantenimento dei quattro tribunali cosiddetti minori destinati alla chiusura in Abruzzo, Lanciano, Vasto, Sulmona e Avezzano.
In regione come nel resto del Paese, annuncia poi il guardasigilli, arriveranno nuove unità di personale grazie al concorso “che si celebrerà nelle prossime settimane” con il quale “contiamo complessivamente di dimezzare la scopertura d’organico che attualmente è di circa 9mila unità dovremmo arrivare ad una cifra tra le 4 e le 5mila”.
In vista del voto del 4 dicembre, Orlando paventa infine il ritorno di un governo tecnico in caso di vittoria dei No: “Le conseguenze immediate – dice – sono del ritorno ad una forte instabilità e di un’esposizione del Paese anche ai rischi dell’instabilità finanziaria”.
Ministro, mille giorni di Governo: tracciamo in cento secondi il bilancio dal punto di vista del Ministero della Giustizia.
Abbiamo risolto le principali emergenze che erano quelle del sovraffollamento carcerario e dell’arretrato del civile. I numeri nelle carceri sono tornati sotto controllo dal punto di vista della presenza dei detenuti e si sono incrementate notevolmente le pene alternative. Nel civile siamo passati da 6 milioni quasi di procedimenti pendenti a 3 milioni e 800mila, quindi una riduzione significativa. Abbiamo approvato una legge anticorruzione tra le più avanzate ed efficaci a livello europeo, abbiamo approvato la legge contro il caporalato, la legge sugli ecoreati e abbiamo iniziato a misurare le performance dei tribunali, che non saranno più visti soltanto come realtà che emettono delle sentenze ma come vere e proprie strutture organizzate che devono dare conto dei ritmi con i quali rispondo ai cittadini. Questo ha fatto registrare un miglioramento nei tempi sia del processo penale che del processo civile. Resta ancora molto da fare ma penso che in questi mille giorni abbiamo iniziato a determinare una svolta nel funzionamento della giustizia sostenuta anche da investimenti. È partito il processo civile telematico, abbiamo riaperto i concorsi nelle cancellerie, abbiamo riavviato la riqualificazione del personale, tutte cose che non avvenivano da un quarto di secolo. È finita la fase della retorica delle riforme a costo zero, le riforme costano e noi abbiamo investito sulle riforme.
La sua riforma del Penale è stata calendarizzata a dopo il voto referendario ma lei ha dichiarato che sarebbe meglio anticipare. Ci sono opinioni diverse nel Governo su questo punto?
Sì, tanto è vero che abbiamo espresso anche pubblicamente orientamenti diversi. Io ritenevo che l’approvazione della risorsa poteva dare una mano anche a sostanziare la proposta riformista che vogliamo far vincere con il referendum. Rinviarlo a dopo capisco che corrisponda ad una esigenza di cautela ad evitare dei rischi di imboscate che si possono determinare in Senato in un quadro di numeri molto ristretti. Però penso che sia stato un errore che spero sia rimediato con un’approvazione tempestiva all’indomani della vittoria al referendum.
I dati sul sovraffollamento delle carceri sono impietosi, e in Abruzzo sono addirittura peggiori della media italiana e il carcere di Teramo è il quinto con più suicidi in Italia dal 2009 ad oggi. La soluzione è infrastrutturale o politica?
Tutte e due le cose. Noi abbiamo aumentato il numero dei posti disponibili, adesso proseguiremo, da qui alla fine dell’anno dovrebbero essere disponibili un altro migliaio di posti tra colonie agricole e nuovi padiglioni che verranno inaugurati. Però poi bisogna lavorare sulle pene alternative cosa che abbiamo fatto, e superare l’idea del carcere come unico strumento di sanzione perché è un’idea che non funziona più e quando funziona, funziona male. Siamo un paese che spende circa 3 miliardi di euro per l’esecuzione penale ma che ha uno dei tassi di recidiva tra i più alti d’Europa, e questo dato ci costringe a ripensare complessivamente il carcere, anche raccogliendo le parole che vengono dal Santo Padre.
L’Abruzzo esprime il vice presidente del Csm, Giovanni Legnini, come sono oggi i rapporti tra ministero e organo di autogoverno dei magistrati?
Con Giovanni Legnini ottimi, anzi apprezzo il suo lavoro, il suo equilibrio, la sua capacità di far funzionare un organo composito e complesso come il Csm. Anche con il Csm anche se talvolta si sono determinati dei momenti di frizione. Io spero che il lavoro che abbiamo fatto sarà utile anche al Csm, misurare la performance del tribunale è anche il modo di misurare l’attività e i risultati che ha ottenuto un dirigente che ha guidato un tribunale o una procura. Mi auguro che le nomine che il Csm farà siano basate anche su questi elementi che a mio avviso devono essere sempre più caratterizzanti delle scelte che verranno fatte sull’assetto della magistratura.
Il tema della riforma della giustizia e separazione delle carriere resterà troppo grande per qualsiasi legislatura? Qual è la sua opinione sul tema?
Io penso che se si approvassero i tre significativi provvedimenti che sono di fronte alla Camera e al Senato, cioè la riforma del civile, del penale e del fallimentare direi che la riforma della giustizia sarebbe realizzata. Perché la riforma della giustizia non è un singolo intervento risolutivo, non esiste un intervento risolutivo, esistono molti interventi che concorrendo aiutano ad avere una giustizia più moderna. La separazione delle carriere non la vedo come un’esigenza, per una ragione molto semplice: non vorrei che in una fase storica nella quale il senso di paura dell’opinione pubblica è molto forte, un pubblico ministero esposto ad una dinamica di consenso sia fortemente influenzato da questioni di carattere emozionale. Un pm che deve perseguire dei reati lo deve fare con serenità e distacco e non invece con un meccanismo che in qualche modo lo sottopone ad una pressione mediatica che lo può spingere a dare dei segnali. La giustizia non deve servire a dare dei segnali ma a riconoscere delle violazioni e sanzionarle.
Lo stato di salute della criminalità organizzata oggi qual è? Contenuta o in espansione ma silente? L’epoca dei gravi attentati è chiusa?
Non possiamo dirlo perché purtroppo siamo in un’epoca in cui altri soggetti hanno utilizzato la dinamica terroristica e quindi sarebbe incauta qualunque previsione, sicuramente le mafie tradizionali hanno cambiato in questa fase strategia, il che non significa che siano meno pericolose o che siano scomparse ma che in qualche modo hanno dismesso una prevalentemente dimensione militare per concentrarsi molto di più su una dimensione economica. Per questo abbiamo introdotto una serie di reati che consentano di contrastare questo fenomeno, su tutti quello dell’autoriciclaggio, che sarebbe il modo di sanzionare chi utilizza patrimoni illeciti per investire nell’economia legale. Una dinamica con la quale le mafie si sono molto infiltrate in tante realtà anche non tradizionalmente di insediamento. L’andamento è differenziato, ci sono mafie che hanno subìto dei colpi durissimi e in qualche modo hanno ridimensionato la loro forza, e mafie che invece in questi anni si sono rafforzate, penso soprattutto alla Ndrangheta calabrese. E poi ci sono mafie che hanno subìto colpi recentemente e che in qualche modo adesso si riorganizzano o scontano questa fase di forte assenza di riferimenti, è il caso della Camorra napoletana dove abbiamo visto queste grandi operazioni che hanno smantellato i vertici dei clan hanno portato alla ribalta una generazione di giovanissimi che hanno insanguinato le strade di Napoli. Quindi non si può dare un giudizio complessivo, quello che possiamo dire è che lo Stato ha messo in campo una capacità di risposta che è all’avanguardia a livello europeo e mondiale. Noi abbiamo la normativa di contrasto alla criminalità organizzata sicuramente più avanzata ed efficace a livello europeo e questo ci è riconosciuto in modo unanime.
Il regime 41 bis è ancora attuale? Verrà mantenuto, attenuato o inasprito?
Non si tratta di attenuarlo o inasprirlo, il 41 bis serve ancora, si tratta di capire come si può coniugare con dinamiche anche di riabilitazione che consentano di sganciare chi è sottoposto a questo regime dall’organizzazione di provenienza. Però credo che ad oggi la struttura del 41 bis non possa essere messa in discussione.
In Abruzzo è prevista la chiusura, più volte rinviata, di quattro tribunali cosiddetti minori: Lanciano, Vasto, Sulmona e Avezzano. Ma già si parla di una terza proroga e c’è chi spera di cancellare la riforma della geografia giudiziaria. Come finirà?
Penso che dobbiamo tener conto di quello che è successo in questi anni e valutare anche se c’è da fare qualche aggiustamento, però penso che sarebbe sbagliato fare dell’Abruzzo una eccezione a livello nazionale. La riforma della geografia giudiziaria ha apportato dei miglioramenti del sistema che credo valgano e debbano valere anche per l’Abruzzo.
Tra i motivi della giustizia lumaca c’è indubbiamente anche una carenza di organico sia tra i magistrati che tra il personale amministrativo, più volte denunciata anche dal presidente del tribunale dell’Aquila Ciro Riviezzo. Per l’Abruzzo, in particolare, è prevista l’immissione di nuove forze?
È prevista in tutto il Paese. Il concorso serve a colmare i vuoti di organico partendo dalle realtà dove i vuoti di organico sono più alti. Abbiamo indetto un concorso che si celebrerà nelle prossime settimane, abbiamo avviato la mobilità da altri rami della Pubblica amministrazione, contiamo complessivamente di dimezzare la scopertura d’organico che attualmente è di circa 9mila unità dovremmo arrivare ad una cifra tra le 4 e le 5mila.
Parliamo del referendum. In Abruzzo la sua componente, Rifare l’Italia, con Michele Fina che la coordina, ha promosso molte iniziative fin da maggio. Questo, come i tanti incontri a cui lei stesso sta partecipando in tutta Italia, l’ultimo ieri sera a Teramo, testimonia che c’è un particolare impegno in questa campagna referendaria da parte di chi è in maggioranza con Renzi ma non è renziano.
Pensavamo si dovesse superare il Bicameralismo quando Renzi non era ancora segretario del partito, non ci sono ragioni per cambiare idea, questo Paese ha bisogno di istituzioni più rapide e in grado di funzionare meglio pena uno svuotamento e un indebolimento della democrazia. Proprio perché noi vogliamo una democrazia parlamentare che funzioni siamo più interessati di chiunque altro al fatto che questo disegno si possa affermare. E lo facciamo senza alcun secondo fine, non stiamo proponendo una formula di governo o un assetto di partito, stiamo proponendo un’idea della Repubblica che vogliamo si possa realizzare con la vittoria del Sì. L’impegno di Fina credo che testimoni questo, un’attenzione alle sorti della Repubblica.
Non era preferibile trovare una convergenza più ampia in Parlamento scongiurando il voto popolare sulla riforma costituzionale?
Penso che in qualche modo un passaggio popolare in questa fase fosse necessario, si erano prefissi questo obiettivo anche i saggi che aveva nominato Napolitano, il primo tentativo guidato dal ministro Quagliariello. Non si può pensare che in questa fase di così forte distacco tra cittadini e istituzioni si va a cambiare la Costituzione senza dare poi l’ultima parola ai cittadini. Credo che un’altra via era ed è difficile da immaginare.
Che conseguenze politiche avrà l’esito referendario?
La vittoria del Sì può ridare slancio alle riforme e far concludere la legislatura con una ulteriore serie di interventi, quelli sulla giustizia tra gli altri, ma anche nell’ambito economico e della Pubblica amministrazione ci sono molte cose da fare. Se invece ci dovesse essere un’affermazione del No le conseguenze immediate sono del ritorno ad una forte instabilità e di un’esposizione del Paese anche ai rischi dell’instabilità finanziaria. Dal punto di vista più strettamente politico si rischia di passare da un governo che puo piacere o meno ma comunque che ha una natura politica come quello attuale ad un governo di natura tecnica che avrà il compito di portare il Paese alle elezioni con una nuova legge elettorale. Dal punto di vista della prospettiva delle riforme prevedo che non ci saranno riforme per molto tempo, perché è chiaro che nel momento in cui il No dovesse vincere prima di riaffrontare il tema di riforme costituzionali dovrà passare molto tempo. Io credo che questa sia una condizione che il Paese non si può permettere.
È ancora un partito pluralista in cui è possibile far convivere delle scuole di pensiero, oltre che personalità di diversa provenienza, estrazione e ideologia, il Pd? C’è spazio, insomma, e contano ancora le correnti?
Il pluralismo nel Pd raggiunge dei livelli che vanno al di là di ogni possibile immaginazione, nel senso che abbiamo esponenti del Pd in questa vicenda referendaria schierati su tutte le posizioni possibili. Registriamo davvero un pluralismo che rasenta il caos e in questo caso non creativo. Su questioni che chiamavano in causa la coscienza abbiamo visto che ci sono stati voti diversi in Parlamento, quindi il Pd semmai ha un problema opposto, quello di dare un ordine alla pluralità di posizioni non tanto di far vivere posizioni diverse che mi pare non sia in discussione. Penso che questo ordine deve nascere da un rispetto del principio di maggioranza ma anche da più occasioni di confronto e di discussione vera, purtroppo spesso il confronto interno è un dialogo tra sordi. Io penso invece che abbiamo bisogno di costruire un partito dove le posizioni, le iniziative maturino anche da un dibattito che faccia sì che le persone magari tornino a casa con una idea parzialmente diversa da quella con la quale sono andate a quel confronto. Invece spesso si tratta di in un muro contro muro con nessuno che muta idea perché siamo più nell’ambito delle tifoserie. Però quando anche faccio tutte queste critiche mi consolo quando guardo alle altre forze politiche, dove funziona che o sei d’accordo con me o ti caccio o ti metto nelle condizioni di andartene. È il caso del Movimento cinque stelle che doveva portare a una nuova idea della politica invece mi pare che ripercorra quella delle forze politiche fortemente autoritarie, è il caso anche della destra dove abbiamo visto che le questioni vengono risolte sostanzialmente con le espulsioni.
Premier e segretario è giusto che coincidano?
Non credo che sia un problema, penso che la somma delle due funzioni sia in linea con un’idea di partito di governo e di governo che è in grado di raccogliere anche le indicazioni che vengono dal partito. Il problema fondamentale però è che il partito deve esistere, sennò è questo lo squilibrio che si viene a determinare, cioè l’assenza di un luogo di elaborazione, di costruzione di progettualità. Allora il partito rischia di diventare piuttosto come spesso è accaduto un luogo di conta e perenne conflittualità che non serve nè per la dimensione politica nè per quella di governo.
Cosa insegna il voto statunitense?
Penso che ci dica che nella società occidentale c’è una fortissima paura, che va contrastata ma alla quale va data anche una risposta. A me ha colpito molto il fatto che una parte importante della classe operaia americana non penso che abbia votato Trump ma sicuramente non è andata a votare per la Clinton. Questo significa che bisogna rivedere profondamente l’idea che la sinistra ha avuto sul come affrontare la globalizzazione. Non si può pensare che la logica sia soltanto quella di aspettare che l’economia determini gli scenari e se far seguire con la politica e la società questi scenari. L’altro aspetto che credo ci debba far riflettere sono le conseguenze sullo scenario globale: adesso o si fa l’Europa sul serio o l’Europa rischia di perdere complessivamente di senso, adesso c’è una sfida che è politica, militare, economica. L’Europa ora deve davvero essere un soggetto globale altrimenti rischia di perdere definitivamente di senso. Marco Signori