AVVENIRE
Ferranti: «Nei tribunali ordinari minori più tutelati»
Non cancellare, ma «valorizzare» il patrimonio della giustizia minorile italiana. Che deve «uscire dalla sua nicchia e intrecciarsi con quella ordinaria, contaminandola con le sue buone pratiche». Ma anche superare alcuni limiti: «Il “fai da te” di certe procure, la mancanza di un procedimento cadenzato, il dialogo problematico o addirittura assente con gli altri tribunali». Donatella Ferranti, parlamentare del Pd e presidente della Commissione giustizia della Camera, difende a spada tratta il ddl delega sulla riforma del processo civile, in cui un suo emendamento prevede l’accorpamento dei Tribunali dei minori a quelli ordinari e la trasformazione della Procura minorile in un gruppo specializzato presso la Procura ordinaria.
Presidente, perché la necessità di cancellare Tribunali e Procure dei minori e accorparli a quelli ordinari? Non si tratta di sopprimere e tanto meno eliminare i tribunali dei minori, ma anzi di valorizzarne l’esperienza, che è sicuramente importante e positiva ma che non può più essere vista come separata dal resto della giurisdizione, in quanto per il minore le famiglie esigono da tempo un giudice unico specializzato che mantenga ,però la necessaria prossimità con i servizi del territorio e un processo rafforzato nei principi del contraddittorio, del diritto di difesa e dell’ascolto.
Queste cose oggi mancano? Al processo minorile manca oggi un rito specifico, un procedimento cadenzato nelle sue fasi specifiche. Anche la Cedu (la Corte europea dei diritti dell’uomo, ndr) ci ha rimproverato su questo punto.
Sono numerosi i dubbi e le criticità avanzate negli ultimi giorni non soltanto in ambito giudiziario, ma anche sociale, da chi da anni lavora a contatto col disagio e la fragilità dei più piccoli. Il timore diffuso è che si perda una esclusività e un’autonomia essenziali alla materia e alle tempistiche della giustizia minorile. Qui credo si debba sgombrare il campo da timori del tutto infondati, legati a una certa resistenza ad abbandonare lo status quo, che presenta invece obiettivamente diverse disfunzioni. Autonomia e indipendenza sono riconosciute dalla Costituzione a tutta la magistratura, così come la specializzazione in alcune materie – per esempio, impresa, lavoro, fallimento, criminalità organizzata – rientra in modelli già ampiamente collaudati nella giurisdizione ordinaria.
Come coniugare la turnazione che vige in una Procura ordinaria con le urgenze, gli episodi di abuso o maltrattamenti per esempio, in cui viene richiesto alla giustizia di intervenire entro le 24 ore? Cosa succederà in questi casi, se il procuratore starà lavorando anche su un blitz con decine di arresti? Oggi la priorità dei Tribunali dei minori sono i minori… Rispondo con un esempio: a Roma già ora, presso la procura, è previsto un turno specifico e permanente, 24 ore su 24, per i magistrati che compongono il gruppo, guidato dall’aggiunto Maria Monteleone, che si occupa dei reati di violenza. Una turnazione che funziona ottimamente e non ha mai creato alcun problema, e un domani quello stesso gruppo, in sede distrettuale, potrà arricchirsi del prezioso contributo dei magistrati della procura minorile e quindi garantire turni esterni rafforzati e specializzati.
La proposta approvata in Commissione giustizia prevede la formazione di “sezioni specializzate” dei tribunali distrettuali e di corrispondenti “gruppi” nelle Procure: non c’è il rischio che i magistrati chiamati a comporli col tempo finiscano per essere privi di una specifica professionalità, dovendosi occupare dei compiti più eterogenei? Assolutamente no. In sede di tribunale distrettuale, dove confluirà il tribunale dei minori, le sezioni specializzate saranno istituite sul modello della sezione lavoro e i magistrati assegnati eserciteranno le funzioni in via esclusiva. Anche per la procura distrettuale la specializzazione dovrà essere garantita attraverso l’istituzione di gruppi specializzati, secondo il modello della Dda (Direzione distrettuale antimafia, ndr). Dunque, dov’è il pericolo?
Un’altra preoccupazione diffusa è che la riforma, così com’è, possa disperdere la cultura e le buone pratiche maturate in decenni di lavoro. Anzi, credo che si potrà creare un’osmosi al contrario: le buone prassi e la specializzazione maturate nell’esperienza minorile non saranno più un patrimonio e un “mondo” separati dal resto della giurisdizione. Anche perché il minore ha bisogno di un giudice accorto e professionalmente specializzato sia quando è autore di reato sia quando è vittima di violenze, abusi o disagi familiari. E in questi ultimi casi, voglio specificarlo, di un minore oggi non si occupa il Tribunale dei minori, ma quello ordinario.
Ci sono regioni che contano su quattro Tribunali dei minori – come la Sicilia – e altre – è il caso di Valle d’Aosta e Piemonte – che si devono accontentare di un solo Tribunale per due. Non sarebbe più facile intervenire su questi casi, e magari accorpare Tribunali e procure dei minori, piuttosto che farli sparire tutti d’un colpo? Questo è un problema che va oltre la riforma perché afferisce alla distribuzione delle corti d’appello sul territorio nazionale. Un domani ogni capoluogo di distretto, sede di corte d’appello, avrà la sezione specializzata distrettuale con competenza e funzioni esclusive in materia di famiglia, minori e persona; in sede circondariale, ogni tribunale del distretto avrà una sezione specializzata per persone, famiglia, minori. Quindi di fatto non sparisce nulla, ma aumenta la specializzazione che deve essere garantita anche in secondo grado davanti ai collegi di corte d’appello.
Sul nostro giornale il professor Mario Chiavario si chiedeva che ruolo avranno in futuro i giudici onorari, vale a dire gli esperti in problematiche dell’età evolutiva che fino a oggi hanno affiancato così proficuamente le procure dei minori. Rimarranno come oggi assegnati di diritto alla sezione specializzata presso il tribunale distrettuale. Quel tribunale che d’ora in poi avrà la competenza esclusiva, oltre che per il penale minorile, per tutta la materia delle adozioni e la decadenza della responsabilità genitoriale. VIVIANA DALOISO