IL CORRIERE DELLA SERA
L`intervista
Il pm di Mafia capitale: «Sulle intercettazioni la riforma segua le Procure»
Cascini: nella delega il rischio di limitare l`uso degli ascolti
ROMA «Un legislatore davvero interessato a garantire la riservatezza dei cittadini senza indebolire il contrasto all`illegalità diffusa, dovrebbe recepire
le soluzioni adottate dalle Procure» ha scritto su Questione Giustizia (la rivista telematica delle «toghe rosse» di Magistratura democratica) il pubblico
ministero romano Giuseppe Cascini, già segretario dell`Associazione nazionale magistrati e rappresentante dell`accusa nel processo a Mafia
capitale.
Che dovrebbe contenere, in concreto, la legge? «Disposizioni che prevedano espressamente di non inserire nelle trascrizioni le intercettazioni
irrilevanti. La soluzione tecnica più adeguata resta comunque l`udienza
stralcio, in cui i brogliacci di tutte le conversazioni sono a disposizione delle parti ma senza la possibilità di farne copia, come previsto per l`ascolto
dei nastri dalla Procura di Roma, e il divieto della loro diffusione prima della decisione del giudice su ciò che è utile al processo e ciò che non lo è».
Dunque esiste un`emergenza intercettazioni? «La vera emergenza è la corruzione, con tutto ciò che comporta in termini di concorrenza violata, aumento dei costi delle opere pubbliche, scarsa qualità dei servizi. Il problema è il degrado etico della funzione pubblica, non l`indagine che lo fa emergere. Ma i disegni di legge accumulatisi finora fanno sorgere il sospetto che la tutela della privacy sia solo un pretesto per limitare lo strumento investigativo
delle intercettazioni».
Un sospetto basato su che? «Se ne discute da anni, e da anni vengono ignorate proposte di soluzioni ragionevoli. Di qui il dubbio che qualcuno
preferisca che ad ogni indagine nasca un caso sul quale riaprire il dibattito, con l`obiettivo di arrivare a una legge che incida su un mezzo d`indagine
divenuto indispensabile, prima che sulla diffusione delle conversazioni irrilevanti».
Pure la legge delega in discussione al Senato alimenta questo dubbio? «Sì, perché contiene una delega al governo talmente indefinita
che chi volesse potrebbe non limitarsi ad occuparsi di privacy. Non dico che
è la volontà di chi ha scritto il testo, ma quel testo può offrire spazio perché questo accada».
Però che esista un problema di riservatezza violata lo dicono tutti, o quasi. «Il problema è oggettivo, perché le intercettazioni consentono
di scoprire reati ma fanno anche emergere fatti privati che non dovrebbero essere diffusi. Di qui la decisione di alcune Procure, tra cui quella in cui lavoro, di studiare le contromisure con le ormai note circolari, per individuare un punto di equilibrio tra l`accertamento dei reati e la riservatezza
delle persone coinvolte, indagati compresi».
Come giudica le recenti intercettazioni tra l`ex ministro Guidi e il suo fidanzato? «Senza entrare nel merito di singole indagini, alcune conversazioni rimarranno sempre border line; se il pm e il giudice le ritengono rilevanti per descrivere il contesto, o la personalità di un inquisito, saranno inserite nei provvedimenti e quindi diffuse».
Quindi le circolari e l`eventuale riforma possono incidere fino a un certo punto. «Esattamente. Ma oltre a indicare procedure per evitare la
fuoriuscita delle intercettazioni su vicende personali, possono aiutare il giudice a porre maggiore attenzione sul tema della privacy, contribuendo a
instaurare una nuova cultura in chi deve decidere».
Qual è la principale differenza tra le soluzioni escogitate a Roma e a Torino? «A Roma si è detto alla polizia giudiziaria di non trascrivere
nulla di irrilevante nei brogliacci, e nei casi dubbi di rivolgersi al pm; a Torino è il pm a chiedere la distruzione degli atti non necessari dopo l`analisi di tutto il materiale trasmesso. In un caso si interviene a monte, nell`altro a valle,
e ciascuna soluzione ha pregi e difetti. Bisognerebbe trovare la sintesi migliore». Giovanni Bianconi