IL CORRIERE DELLA SERA
La penalista
Malavenda: «Ma senza il consenso è sempre un illecito»
Diffondere un video privato, di natura sessuale o no, costituisce reato? «Solo se, oltre a essere diffuso senza il consenso delle persone riprese, viene fatto con uno scopo preciso: ricavarne un profitto (non necessariamente di natura economica) o danneggiare qualcuno» spiega Caterina Malavenda, avvocata penalista e una dei maggiori esperti in Italia di diritto dell`informazione.
Se non c`è si può fare liberamente? «No, in assenza di consenso, è comunque un illecito civile che causa danni alle persone riprese. Che possono chiedere di essere risarcite».
C`è differenza tra pubblicare un video su un sito, su Facebook o
mandarlo via WhatsApp? «Sono tutti mezzi che arrivano a un numero
indeterminato di persone. Se ci fosse quindi diffamazione, sarebbe in
ogni caso aggravata. La differenza è un`altra…».
Quale? «La possibilità di intervenire per bloccarlo: più facile su un sito, più
difficile su WhatsApp. In generale è molto complesso capire chi ha iniziato a diffondere un filmato, soprattutto se è diventato virale: la Polizia postale può indagare, ma c`è sempre un margine di incertezza. Mentre per contestare un reato servono prove e la sicura identificazione del responsabile».
Di fatto non c`è modo di perseguirli per legge… «Guardare un video
sessuale altrui non è reato, a meno che non siano coinvolti minori. Chi
inserisce foto, filmati o dati privati senza il consenso lede un bene protetto (la
riservatezza) e non può non capirlo. Ma purtroppo la stupidità non è un reato. E spesso coloro che lo fanno sanno di non essere penalmente perseguibili e
che è difficile risalire a loro. In più chi non ha soldi non dovrà neppure risarcire i danni… Alla fine le legge non ha un efficace deterrente».
Non c`è modo di difendersi? «Il legislatore non può fare molto di più di quello che ha fatto. Chiunque gira un video e lo consegna a un altro deve sapere che non ha più il controllo». Elena Tebano