IL TEMPO
Migliucci: «Ecco perché noi avvocati scioperiamo»
Tre giorni di astensione dei penalisti contro il ddl sulle prescrizioni dei processi
Il presidente Beniamino Migliucci: «È una norma truffa, così i tempi si allungano»
Una «legge truffa» che «viola la presunzione di innocenza e il diritto alla vita degli imputati». Uno slogan-ossimoro, quello di «prescrizione più lunga
e processi più brevi», che serve solo «a coprire carenze organizzative. Per questo, contro il disegno di legge all`esame della Commissione Giustizia
del Senato l`Unione delle Camere penali italiane presieduta da Beniamino Migliucci ha proclamato tre giorni di astensione nazionale, dal 24 al 26 maggio.
Perché questa protesta, presidente? «Il ddl prevede che dopo il primo grado scattino due anni di sospensione della prescrizione dal deposito delle motivazioni della sentenza e, dopo l`appello, un altro anno. Tre anni che si aggiungono a quelli esistenti così che, ad esempio, se prima un processo per
corruzione durava dodici anni, adesso si prolunga fino a quindici».
Quindi i tempi si allungano, invece di ridursi? «Certo. E la nuova legge non risolverebbe il problema, perché la prescrizione arriva lo stesso, ma in ritardo di tre anni. E non è vero che così non ci saranno più prescrizioni.
E esattamente il contrario: se so che scatta la prescrizione, devo fare il processo in tempi più corti».
Come si può raggiungere, invece, l`obiettivo di una giustizia
più veloce? «Per evitare la prescrizione, che non dipende da noi avvocati,
è necessario agire riducendo le disfunzioni organizzative, dando più risorse e razionalizzando la loro distribuzione, anche con la nascita della figura di un manager nelle procure. Noi lo diciamo dal 2008 ma nessuno ci ascolta».
Quali sono i nodi di fondo che rendono i procedimenti interminabili? «Troppe condotte, sono circa 25.000, vengono sanzionate
penalmente. Tanti governi hanno fatto promesse in tal senso, ci sono state varie commissioni, come la Pisapia e la Nordio, ma non si è mai riusciti a restringere l`area penale prevedibile per i cittadini, che dovrebbero anche avere ben chiaro quali condotte siano perseguibili penalmente e quali no. Spesso, per motivi di populismo, si è fatto l`opposto…».
Cioè? «Prendiamo l`omicidio stradale, una norma nata sull`onda della ricerca del consenso. C`era già quello colposo che, con le aggravanti, poteva arrivare a 15 anni di carcere. Non erano forse sufficienti?»
Quali sono le conseguenze della lentezza dei processi? «Un processo che dura vent`anni è già una pena accessoria perpetua per l`imputato, danneggia anche la persona offesa, che deve attendere giustizia, e la società, che deve aspettare un ventennio per sapere se sono corrotto o meno. Ci allontaniamo dalla Costituzione, che prevede una punizione rieducativa e la presunzione di innocenza. Invece, nel nostro Paese, resto colpevole per vent`anni».
Tra l`altro nella vostra delibera scrivete che il 70% circa dei procedimenti si prescrive durante la fase delle indagini preliminari… «Ed è così. Oltre ad esserci troppi processi all`esame delle
procure, anche i tempi delle indagini sono eccessivamente lunghi e beneficiano di troppe proroghe quando non serve. Che le indagini siano troppo lunghe lo dimostra pure il fatto che tra il 12 e il 14 per cento
delle prescrizioni matura in primo grado. E, quindi, tra indagini e primo grado, si arriva all`80 per cento. Le sembra normale che dalla richiesta di
rinvio a giudizio all`aula passino anche uno o due anni? Perché l`inefficienza dello Stato deve ricadere sui cittadini?».
Una sorta di condanna sociale prima di quella penale? «Infatti, e
non solo per il carcere subìto, considerando che l`Italia dal `92 ha pagato oltre 600 milioni di euro per ingiuste detenzioni. Pensi a un imprenditore
che, se si allungano i tempi del primo grado, già viene rovinato. Poi deve attendere altri due anni dopo l`appello. Intanto ha chiuso, la sua azienda è fallita. Anche per questo è una legge-truffa».
Dove intervenire ancora? «Oltre ad evitare proroghe di routine alle indagini, ci vorrebbe un`obbligatorietà dell`azione penale più flessibile.
Nei Paesi dove non è obbligatoria, il pm decide quali processi fare e quali no, assumendosene la responsabilità. Da noi le scelte valoriali e legislative
competono alla politica, che non può e non deve essere influenzata dalla magistratura, come purtroppo accade».
Voi protestate anche contro l`uso attuale delle intercettazioni. Perché? Non esiste già un`udienza- filtro per decidere se distruggere quelle non rilevanti penalmente? «Quell`udienza non viene fatta mai e la normativa prevede che vengano eliminate solo quelle parti vietate per legge. La soluzione è rendere obbligatoria l`udienza-stralcio in
tempi che consentano di evitare divulgazioni. E, lo voglio, dire, il problema non è a valle, cioè dei media, ma a monte, cioè di chi consegna materiale
vietato alla stampa». Maurizio Gallo