IL MATTINO
Paissan: diritto all`oblio è già complicato poi la giustizia non segue i tempi di internet Il giornalista: non c`è un rubinetto per chiudere il flusso delle notizie molto dipende dalla deontologia
Il garante della privacy, Antonello Soro, ha detto che per casi come quelli di Tiziana Cantone non esistono tutele. Secondo Mauro Paissan, che di quell`ufficio è stato uno dei membri per undici anni, la questione è assieme più sottile e spaventosa: «In linea teorica Tiziana Cantone ha avuto giustizia. Peccato che il tribunale al quale si è rivolto sia intervenuto con tempi lenti, come se fossimo di fronte a un articolo diffamatorio. Che finisce relegato in
un archivio del giornale che l`ha scritto o nei mercati per incartare le patate. Qui invece parliamo di intemet». Secondo Paissan, che è stato anche direttore de Il Manifesto e oggi insegna deontologia del giornalismo alla Sapienza, «mancano normative e modalità per muoversi conia rapidità, tipica delle nuove tecnologie».
Da giornalista come giudica il caso? «Questa mattina ho reagito malissimo alla lettura dei giornali. Ho letto nomi, cognomi, persino il paese di nascita. E ho visto decine di foto di Tiziana. E come se una parte dell`informazione avesse voluto completare l`opera di distruzione della sua persona».
Qui non c`entrano le tecnologie? «Chiariamolo subito: Tiziana non è morta per colpa di intemet o della stampa. Da quattro anni, da quando ho smesso di fare il garante, insegno alla Sapienza una strana materia: deontologia del giornalismo. Con i miei allievi mi soffermo sui limiti del giornalismo ma anche su che cosa siano la rete o i social network, sul fatto che la comunicazione attraverso i new media ha una potenza omicida doppia rispetto alla carte stampata. Quando spiego loro che ci si può liberare, di un articolo di giornale, ma che non ci sono strumenti adeguati per difendere la propria dignità online, leggo sul loro viso un forte smarrimento: ognuno di loro ha postato informazioni sulle persone con le quali è andata a letto o quanto hanno bevuto la sera prima…».
E allora? «Allora queste informazioni potrebbero anche in futuro impedirgli di ottenere un lavoro. Quando ero in autorità, un brillante ingegnere che lavorava nel settore del petrolio, ci denunciò di essere stato escluso da selezione nella sua multinazionale, perché era riemerso un suo articolo scritto negli anni universitari, un po` filoarabo e critico verso Israele. Ma queste vicende non riguardano solo la sfera sessuale, ma anche le idee politiche o sindacali. Un semplice telefonino può essere letale».
Colpa della tecnologia? «No, voglio dire solo che non esiste un
rubinetto per chiudere il flusso delle notizie. Le tecnologie sono state una
benedizione e non capisco la criminalizzazione di questi giorni».
Il suo giudizio da ex garante? «Quello di Tiziana non è il classico caso
di una persona che chiede l`applicazione del diritto all` oblio. Tiziana ha visto nel giro di pochissimo tempo, se non poche ore, la rete inondata di sue immagini intime, di filmati che lei aveva trasmesso o quattro o cinque persone, rimbalzati su migliaia di siti. Di fronte a tutto questo un cittadino, una persona, che strumenti ha?
Si dia una risposta? «Nulla è risolutivo. La magistratura, per esempio, può sanzionare a posteriori, non intervenire nei tempi giusti. Ma con la tecnologia che ci sovrasta, manca uno strumento giuridico per contrastare questi fenomeni. Credo, e la sede più adatta è quella del garante, che servirebbe una sorta di telefono blu sul modello di quello azzurro: un comitato che, dopo una denuncia, abbia il potere immediato di bloccare a livello temporale certi dati. Soltanto il tempo necessario per capire se davvero certe informazioni o certe immagini ledano la nostra privacy. In caso contrario tornano in rete»,
Non si rischia la censura? «Vero. Prendiamo il politico che sniffa in
un video: dove finisce la sua privacy e dove inizia il diritto dell`elettore di
conoscere tutto della persona che vota? Detto questo Tiziana si è rivolta al
giudice, ma ha avuto ragione troppo tardi».
Non crede che sia una lotta impari? «La tecnologia ci sovrasta. Anche di
fronte alla nostra richiesta di appellarci al diritto all`oblio, c`è sempre un sito
collocato in Bielorussia che non puoi controllare».
Google soltanto nel 50 per cento delle richieste ha cancellato dati sensibili. «Non mi sorprende né mi scandalizza. Da garante anch`io ho respinto alcune richieste. Se un finanziere viene condannato per truffa, perché dovremmo eliminare articoli sulle sue attività, quando un cittadino ha il diritto a sapere a chi affida i suoi risparmi?
Quando avete deciso in senso contrario? «Un caso che ha fatto scuola è quello di una signora che, diciannovenne, era stata ripresa dalle telecamere nell`aula del processo al momento del condanna per omicidio del suo uomo. Dopo diciassette anni quelle stesse immagini sono state riproposte in uno speciale Rai. E lei, che aveva cambiato nome e città, sposato un uomo con il quale aveva creato una famiglia e un`azienda, aveva chiesto l`immediata rimozione di quei fotogrammi che avrebbe negato la sua nuova esistenza». Francesco Pacifico