LA REPUBBLICA
I primi sì tra i magistrati
Targetti, pm di Milano “Una catastrofe lo stop”
ROMA. «Se a ottobre dovesse vincere il no sarebbe una catastrofe per l`Italia». Riccardo Targetti, procuratore aggiunto a Milano, competente su rapine, furti ed estorsioni (ma pure campione di nuoto in gioventù, era a Monaco nel `72, e scrittore), rende pubblico il sì alla riforma: «Non condivido
tutto, ma meglio questo dell`ingovernabilità».
Non si sente una mosca bianca tra tanti colleghi per il no? «Faccio una premessa: io non faccio politica, né ho ambizioni politiche di alcun genere. Sono contrario ai magistrati che entrano in politica, se non abbandonando la toga. Non partecipo ad alcun comitato per il sì, né ho intenzione di farlo. E non sono un seguace di Cosimo Ferri, che da magistrato è entrato in politica».
Beh, però siete in pochi, come toghe, a dichiaravi per il sì… «Non so se qualcuno ha fatto statistiche o sondaggi tra di noi. Certo, vedo che sono molti quelli che dicono no, ma non so quanti siano quelli orientati per il si che
per ora se ne stanno zitti. In ogni caso spero che da qui a ottobre tutti ci riflettano meglio».
La ragione del sì qual è? «Credo che la riforma contenga elementi positivi, anche se non tutti. Io sono favorevole a superare il bicameralismo per una
ragione fondamentale: una volta le leggi erano destinate a durare nel tempo e era meglio che fossero ben ponderate. Ora la realtà è così in movimento che, appena fatte, le leggi sono già vecchie e devono essere subito aggiornate,
e il bicameralismo rallenta».
Non teme il premio di maggioranza che darà il potere a un solo partito? «A me preoccupa di più la capacità di interdizione dei piccoli partiti.
Vuole un esempio? La legge sulla prescrizione bloccata da un anno da forze minoritarie. Invece la fiducia alla Camera eletta con l`Italicum consente di avere subito una guida stabile, mentre la cosa peggiore per l`Italia, nella situazione internazionale in cui si trova, è l`ingovernabilità».
Nessun dubbio sulla riforma? «Come magistrato sarei stato
più tranquillo se le leggi sull`ordinamento giudiziario fossero approvate
dalle due Camere. Avevo un altro timore, parzialmente superato. Era per gli organi di garanzia, Presidente della Repubblica e Consulta, perché se si rafforza l`esecutivo, non si può depotenziarli. Ma vedo che il capo dello
Stato sarà eletto con maggioranze più qualificate di prima e che i 5 giudici della Corte saranno nominati 3 dalla Camera e 2 dal Senato; un sistema che dovrebbe prevenire il rischio che il partito vincente faccia “cappotto”».
Avrà letto Zagrebelsky, sottoscritto da suoi colleghi come
Spataro. Lì si ipotizza una dittatura della maggioranza… «È una preoccupazione che non condivido e che non condividono altri esponenti del mondo giuridico ben più autorevoli di me. Avremo un Presidente e una
Consulta non allineati al premier che potranno controbilanciare il suo aumentato potere; senza contare il ruolo della magistratura».
E lo strapotere del premier? «È sbagliato dire “strapotere”. Si tratta semmai di un accrescimento del potere dell`esecutivo, come in altre democrazie. Basti pensare al Regno Unito, e cito un sistema parlamentare, non una repubblica presidenziale».
E se a ottobre vince il no? «Una vittoria simile avrebbe conseguenze drammatiche. Non si dimentichi che l`attuale Parlamento è quello del 2013 che non riuscì nemmeno ad eleggere il presidente della Repubblica, a dimostrazione delle difficoltà a esprimere linee politiche coerenti. E quando nel 2018 l`Italia andrà nuovamente al voto, avremo una Camera eletta con l`Italicum e con una solida maggioranza, ma un Senato eletto con la proporzionale pura, e un governo che dovrà cercare la fiducia in tutte
e due le Camere. Il risultato è immaginabile: governi deboli e a tempo e maggioranze parlamentari evanescenti; il tutto in una situazione di disastro economico e di gravi pericoli internazionali». LIANA MILELLA