L’INTERVISTA/2: Mantovano: riecco le toghe rosse va riformata la custodia cautelare (Il Mattino)

IL MATTINO

Mantovano: riecco le toghe rosse va riformata la custodia cautelare
L`ex sottosegretario: non vedo un assalto giudiziario al Pd
Md è ormai in guerra da 40 anni

In principio fu Tempa Rossa. Poi, in un progressivo crescendo hanno infuriato le vicende di Caserta, Lodi, Siracusa. Ieri è stata infine la volta del segretario Pd sardo, Renato Soru. Il forcing giudiziario che da qualche tempo
bracca i democratici, nel giorno in cui il consigliere del Csm paventa rischi
di deriva autoritaria e invoca la controffensiva contro Renzi, insinua nel dibattito veleni che sembrano rievocare la stagione delle toghe rosse e
del titanico scontro con il Cavaliere. «Ma sarebbe semplicistico intravedere
nelle recenti inchieste a carico del Pd, possibili sintomi di quell`accerchiamento mediatico giudiziario evocato al tempo di Berlusconi», avverte l`ex sottosegretario dell`Interno Alfredo Mantovano. «Semmai – chiosa il magistrato oggi consigliere presso la Corte d`appello di Roma – parlerei di una certa parte della magistratura, che da quarant`anni a questa parte, conduce le proprie battaglie e persegue i propri fini con la stessa medesima convinzione».
Prima le scudisciate di Davigo, poi gli squilli di tromba di Morosini. In mezzo lo stillicidio di inchieste a carico di esponenti del Pd. È iniziata una controffensiva paragonabile a quell`assalto giudiziario lamentato a suo tempo dal Cavaliere? «Ogni tentativo di sovrapposizione sarebbe forzoso. In qualche caso, come a Siracusa o a Lodi, si sono annidati sugli indagati pesanti indizi di colpevolezza, peraltro non
smentiti dagli interessati. E il quadro emerso a Caserta, su cui saranno i magistrati a fare luce, è tutt`altro che limpido. Si tratta di episodi situati a
latitudini geografiche differenti, e qualitativamente non comparabili tra
loro. Tentare di congiungere i puntini come in un disegno della settimana
enigmistica sarebbe semplicistico».
Un`analogia però c`è. Magistratura democratica osteggiò la riforma della Carta del 2006, così come oggi osteggia la riforma Boschi. Renzi è il nuovo Caimano? «Magistratura democratica è sul
piede di guerra da più di quarant`anni. Non interpreta se stessa come il semplice settore di un sindacato, ma come un comitato politico autonomo che pretende di dettare linee guida alla politica, in coordinamento con una rete
giudiziaria internazionale che promuove il perseguimento di nuovi diritti dall`alto di una posizione che si pretende culturalmente egemone e si avvale di “sentenze pilota” per imporre le proprie visioni».
Il ddl Boschi è nel mirino perché consentirebbe al partito di maggioranza di decidere i membri della Consulta e quelli del Csm di nomina parlamentare? «Dietro l`opposizione alla riforma costituzionale, si cela un retroterra culturale piuttosto profondo che non
è nato certo con Berlusconi, e risorto con Renzi. L`intento di Magistratura democratica è più in generale quello di affermare taluni orientamenti talora in aperto contrasto con le leggi in vigore. Basti pensare alle costruzioni giurisprudenziali che hanno condotto alla sentenza Englaro, o quelle che hanno aperto all`utero in affitto o hanno legittimato di fatto la stepchild adoption. Nella battaglia ingaggiata da parte della magistratura contro il ddl Boschi emerge dunque ancora una volta quella lotta per la supremazia che
mina gli equilibri tra poteri dello Stato, ed è un`autentica piaga della nostra democrazia».
Se n`è accorto anche Renzi? «È troppo facile prendere consapevolezza di un problema soltanto quando si viene investiti in prima persona Gridare adesso alla persecuzione dall`interno di una cittadella assediata sarebbe
inopportuno quanto inefficace. Più serio e d`aiuto per tutti, sarebbe invece approfondire la questione con l`attenzione che merita».
Approfondiamola allora. Come si ripara il cortocircuito scattato tra magistratura-politica? «Innanzitutto a partire dal tema della
custodia cautelare, di cui spesso si abusa. Se solo si leggono i provvedimenti tramite i quali i magistrati riconoscono gli indennizzi a chi è stato detenuto ingiustamente, si scopre che di certi eccessi c`è piena consapevolezza. E poi il nodo intercettazioni: il rimedio non è ricordare che esiste la diffamazione.
Chi subisce l`abuso non può difendersi. Se la diffusione è avvenuta
per tramite di un ufficio giudiziario, chi potrebbe querelare? Il tema è
insomma la responsabilità dei magistrati. Un` assicurazione non è un vero deterrente. E il Csm non può dare sufficienti garanzie, visto che la
sua composizione risponde a criteri elettivi e sindacali. É ora di affrontare
questi nodi con spirito costruttivo e responsabile». Francesco Lo Dico

Foto del profilo di Andrea Gentile

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