IL MATTINO
Borrelli: «La protezione ai magistrati
va estesa per tutto l`arco della giornata»
A maggio scorso la questione della sicurezza dei magistrati napoletani si ripropose con forza dopo la diffusione della notizia, attraverso le rivelazioni di un collaboratore di giustizia, dell`esistenza di un piano della camorra per attentare alla vita del procuratore Giovanni Colangelo, il numero uno della Procura di Napoli. Il ministro Angelino Alfano promise di occuparsi della questione. Quattro nuovi magistrati sono stati messi sotto tutela, e a tutti i pm che lavorano nel pool Antimafia è stato garantito l`uso di un`autovettura, non sempre blindata, per i trasferimenti da e per l`ufficio della Cittadella giudiziaria. Ma può non bastare. «Il punto è che quando un magistrato è da molto alla Direzione distrettuale antimafia si possono determinare fenomeni di personalizzazione dell`indagine penale – spiega il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, capo del pool antimafia – nel senso che i clan sanno che su di loro indaga un determinato magistrato. In questo caso il rischio si amplifica e non può più definirsi correlato alla semplice funzione ma al grado di sovraesposizione di quel magistrato». «Ovviamente quando ciò accade – aggiunge Borrelli – una misura come quella della tutela generica costituita dall`accompagnamento non può essere sufficiente. E tanto questo è vero che nessuno oggi è in grado di escludere che quanto accaduto al magistrato Vanorio sia un episodio che siri collega alle condizioni di insicurezza a
cui sono esposti tutti i cittadini di questa città oppure sia collegato a quello
che Vanorio concretamente fa nello svolgimento della sua attività lavorativa».
La questione, dunque, va affrontata anche tenendo conto di quanto i magistrati si espongono nel tempo nella loro lotta quotidiana alla criminalità organizzata. Il servizio di accompagnamento attualmente in vigore per tutti i pm della Dda sembra sufficienti per quei magistrati che sono da poco nel pool. Diverso appare il discorso quando si analizzano le posizioni di quei pm che per anni indagano sulle trame, gli interessi, le collusioni, le alleanze, le coperture di uno stesso clan di camorra. Arrivano a conoscerne tutti i segreti. E ci mettono la faccia. E i camorristi quella faccia imparano a conoscerla, la incontrano in tutti i processi, la vedono sostenere le accuse nei loro confronti, facile che si inneschino fenomeni di personalizzazione. «È chiaro che nel momento in cui questi fenomeni si verificano – afferma Borrelli- la necessità di una protezione prescinde dal momento in cui si va e si viene dall`ufficio della Procura ma deve estendersi all`intero arco della vita quotidiana del magistrato».