LA STAMPA
Davigo apre a Orlando però tace su Morosini
ROMA. La volontà di andare avanti non si discute. E perciò Piercamillo Davigo, presidente dell`associazione nazionale magistrati, al termine dell`incontro con il ministro Andrea Orlando, prova a chiuderla lì: «Siamo molto soddisfatti perché è emersa una seria volontà di dialogo». In effetti, dopo avere passato in rassegna i mali della giustizia italiana il vertice
dell`Anm ha riconosciuto che qualcosa di buono s`è fatto e si potrà fare: sul processo penale, su quello civile, sugli organici in sofferenza.
E sul tema incandescente del rapporto con la politica, però, che i magistrati
hanno preferito tenere un profilo bassissimo. In due ore di incontro, da parte
dei togati non è venuta nemmeno una parola sulle esternazioni di Piergiorgio
Morosini, il membro del Csm che aveva parlato a ruota libera a «Il Foglio» e
che poi ha smentito a metà. Epperò Orlando non aveva alcuna intenzione di lasciar passare l`occasione. Così è stato il ministro Guardasigilli ad affrontare l`argomento: il governo, ha detto a Davigo e agli altri non vuole assolutamente impedire ai magistrati di esprimersi. «Credo che non ci sia alcun problema, almeno per quanto mi concerne, per quanto attiene alla valutazione delle proprie opinioni», dirà poi Orlando.
Nemmeno se un magistrato o una corrente organizzata interviene sul tema caldo del referendum. E Davigo conferma: «Non abbiamo parlato di questi temi». Nelle esternazioni di Morosini, però, secondo il governo, un problema di «opportunità» si pone. Ed, infatti, quel che rischia di fare da detonatore a un procedimento disciplinare sono i commenti sferzanti di Morosini sul Consiglio superiore della magistratura di cui fa parte e sui suoi colleghi Raffaele Cantone, chiamato da Palazzo Chigi alla guida dell`Authority Anticorruzione; Nicola Gratteri, chiamato due anni fa a presiedere
un comitato di esperti sulle riforme penali (di cui peraltro faceva parte anche
Piercamillo Davigo) – definiti sprezzantemente «uomini Mondadori». L`Anm
non ha replicato. FRANCESCO GRIGNETTI