MAGISTRATI: Responsabilità civile magistrati, ricorsi raddoppiati (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Giustizia. Nel 2015 sono state 90 le istanze di risarcimento
Responsabilità civile magistrati, ricorsi raddoppiati

Sab. 27 – ROMA. Il primo bilancio della legge Renzi-Orlando sulla responsabilità civile dei magistrati per «dolo o colpa grave» rivela che le cause di risarcimento sono raddoppiate rispetto alla media dei precedenti sette anni (disciplinati dalla legge Vassalli), passando da 50 a 90 l’anno. Considerato che i magistrati effettivamente in servizio negli uffici giudiziari sono 8.682 (rispetto a un organico di 9.271), vuol dire che nel 2015 c’è stato più di un ricorso ogni 100 magistrati e che ogni mese sono stati presentati 8 ricorsi. «Un incremento molto forte – osserva il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli – con tutto ciò che ne deriva in termini di interferenza sui processi portati avanti dal magistrato denunciato per dolo o colpa grave».
I dati raccolti dall’Anm sono quelli della compagnia di assicurazione alla quale si rivolgono i magistrati citati in giudizio, sia per responsabilità civile sia per responsabilità contabile sia per altre ragioni, come la legge Pinto (irragionevole durata dei processi). I numeri dicono, in particolare, che nel 2008 ci sono state 68 citazioni a giudizio, 47 nel 2009, 71 nel 2010, 88 nel 2011, 43 nel 2012 e nel 2013, 76 nel 2014. Per una media di 62 ricorsi l’anno. Nel 2015 – quando è entrata in vigore la riforma – le citazioni sono salite a 110. Tuttavia, in entrambi i casi, il dato va depurato di circa un 20% per avere quello dei soli ricorsi per responsabilità civile. Che, dunque, sono, rispettivamente, 50 e 90.
Va detto che, prima della riforma, esisteva il «filtro» di ammissibilità delle azioni per responsabilità civile, il che consentiva una prima scrematura, soprattutto rispetto alle iniziative strumentali. Filtro cancellato – tra le proteste dell’Anm – dalla legge n. 18 del 2015, approvata all’insegna dello slogan «chi sbaglia, paga» e sul presupposto che i ricorsi presentati (e soprattutto accolti) ai tempi della legge Vassalli fossero troppo pochi: “soltanto” 410 le cause intentate dal 1988 al 2014 (con una media di 16 all’anno) di cui “soltanto” 35 ammesse all’esame di merito e “soltanto” 7 chiuse con una condanna (cioè con il riconoscimento della responsabilità per dolo o colpa grave del magistrato).
Le cause contabilizzate nel 2015, invece, sono fin dall’inizio cause “vere”, nel senso che il giudice civile le esamina a tutto tondo, sia nei profili di ammissibilità che in quelli di merito. Ciò significa che fino al verdetto della Cassazione, il magistrato resta sulla graticola, anche se la causa si concluderà con l’inammissibilità, ad esempio per la pretestuosità del ricorso. Ed è proprio questo che l’Anm considera pericoloso, cioè l’interferenza del ricorso (e del procedimento) sulla responsabilità civile con la vicenda giudiziaria (civile o penale) da cui è nato quel ricorso. Interferenza in termini sia di «carica intimidatoria» sia di «rischio burocratizzazione» sia di possibile «astensione» del magistrato denunciato. «È vero che il testo finale della riforma ha arginato alcuni aspetti peggiori, come quello di entrare nel merito della motivazione dei provvedimenti di custodia cautelare – dice Sabelli – ma i problemi restano, in particolare due: l’eliminazione del filtro e l’aggiunta del “travisamento del fatto o delle prove” tra i casi di colpa grave del magistrato».
Approvata la legge, il ministro della Giustizia Andrea Orlando si è impegnato a monitorare l’andamento delle cause incardinate sulla base delle nuove norme, riservandosi eventuali modifiche. L’esigenza di un monitoraggio, peraltro, è stata espressa anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella proprio all’indomani dell’approvazione della legge. «Andranno attentamente valutati gli effetti concreti» disse il 9 marzo dell’anno scorso ai 346 magistrati in tirocinio incontrati, com’è consuetudine, al Quirinale, incoraggiandoli a non temere la nuova legge proprio perché ci sarebbe stato uno scrupoloso esame sulla sua applicazione pratica. Bisognerà quindi vedere se, per il ministro, i dati del 2015 (nel primo mese del 2016 i ricorsi sono stati 11) già consentano una valutazione o se, invece, sia meglio aspettare l’esito finale in Cassazione di questi primi 100 ricorsi. Il che significa, però, rinviare qualunque decisione sulla legge di almeno sei, sette, otto anni, considerati i tempi medi della giustizia civile. Donatella Stasio

Foto del profilo di Andrea Gentile

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