IL SOLE 24 ORE
In Europa. Nella relazione al Parlamento, la Commissione fa il punto sull’applicazione della direttiva2008/52: obbligatorietà in 5 Paesi (Italia compresa)
In ogni Stato una via diversa alla conciliazione
Lun.3 – Taglio dei costi, riduzione significativa dei tempi, freno ai procedimenti giudiziari inutili. Sono gli obiettivi perseguiti e, in parte raggiunti, dalla direttiva Ue 2008/52 su alcuni aspetti della mediazione in materia civile e commerciale. A cinque anni dalla sua applicazione, la Commissione europea fa il punto sull’attuazione dell’atto Ue, tracciando il quadro degli effetti negli Stati membri, nella relazione presentata al Consiglio e al Parlamento (COM(2016)542). Ed è un bilancio con il segno più tenendo conto della circostanza che molti Stati non solo hanno dato spazio alla mediazione nel caso di controversie in materia civile e commerciale di carattere internazionale, ma hanno ampliato l’ambito di applicazione dell’atto Ue anche alle controversie puramente interne. Un dato, infatti, è certo: grazie alla direttiva diversi Stati membri hanno introdotto per la prima volta l’impiego della mediazione anche se – precisa la Commissione – sono necessari interventi più incisivi per favorire la diffusione di informazioni. E questo, precisa Bruxelles, anche tra i professionisti legali. Un gap da colmare perché è un ostacolo alla dissuasione dell’uso della mediazione in almeno 10 Stati membri. Nodo centrale resta quello dell’obbligatorietà o no della mediazione. L’articolo 5, paragrafo 2 della direttiva, infatti, lascia autonomia agli Stati che, in base alla legislazione nazionale, possono rendere obbligatorio il ricorso alla mediazione, prevedere incentivi o sanzioni a condizione che non sia compromesso l’esercizio del diritto di accesso al sistema giudiziario. Sotto questo profilo, le strade degli Stati si sono divise: sono 5 i Paesi membri che sanciscono l’obbligatorietà della mediazione per numerose controversie. In questo gruppo rientrano l’Italia, l’Ungheria e la Croazia, quest’ultima soprattutto in materia familiare. Ci sono poi Stati (13 in tutto) che prevedono incentivi finanziari talvolta sotto forma di riduzione o rimborso integrale delle spese e dei costi legati al procedimento se è raggiunto un accordo. La Slovacchia – scrive la Commissione – rimborsa, a seconda della fase processuale in cui viene raggiunto l’accordo, il 30%, il 50% o il 90% dei diritti di cancelleria. La Germania, invece, prevede incentivi finanziari sotto forma di patrocinio a spese dello Stato, sempre previsto per la mediazione giudiziale, mentre con portata più limitata nei casi di quella extragiudiziale. Hanno scelto la strada delle sanzioni per promuovere la mediazione 5 Stati membri. L’Ungheria, ad esempio, le prevede per le parti che, dopo aver concluso un accordo, agiscono comunque in giudizio; l’Irlanda nei casi in cui vi sia un «rifiuto ingiustificato di prendere in considerazione la mediazione». L’Italia preclude alla parte vincitrice di ripetere le spese «se il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde al contenuto di una proposta di mediazione» rifiutata in precedenza. Stessa situazione per le parti che, malgrado la previsione dell’obbligatorietà della mediazione, agiscano immediatamente in giudizio. In Slovenia, penalizzate le parti che senza giustificazione rifiutano la mediazione.
Per quanto riguarda il campo oggettivo di applicazione della mediazione, è l’ambito familiare a essere quello più interessato soprattutto per le questioni sull’affidamento di minori, i diritti di visita e i casi di sottrazione. Resta, invece, ancora al palo o poco utilizzata la mediazione nelle procedure d’insolvenza. Di qui, la richiesta della Commissione affinché gli organi giurisdizionali nominino mediatori per assistere debitori e creditori e favorire negoziazioni sul piano delle ristrutturazioni.
Sul fronte dell’esecutività dell’accordo finale, alcuni Stati si sono spinti oltre, in positivo, rispetto alla direttiva. Italia, Belgio, Repubblica Ceca e Ungheria ammettono l’esecutività degli accordi di mediazione anche senza il consenso di tutte le parti. Una pratica condivisa dagli stakeholders consultati dalla Commissione europea proprio perché questa prassi è in grado di garantire l’efficacia di questo strumento. Completa attuazione, in tutti gli Stati membri, delle regole che impongono la riservatezza della mediazione, così come per gli effetti della prescrizione e della decadenza. In tutti gli Stati – osserva la Commissione – è garantito alle parti di avviare un procedimento giudiziario dopo la mediazione anche se durante l’iter sono scaduti i termini di prescrizione. Per attuare l’articolo 4 della direttiva, che impone meccanismi di controllo della qualità, 19 Stati membri hanno previsto codici di comportamento, ispirandosi in molti casi al codice europeo di condotta per mediatori, mentre altri Paesi hanno lasciato spazio ai fornitori delle prestazioni di mediazione. Molto utilizzata, per monitorare la qualità dei servizi, la procedura di accreditamento obbligatoria per i mediatori e per i registri dei mediatori. Bruxelles, poi, sottolinea che tutti gli Stati sono andati oltre i requisiti minimi della direttiva rendendo obbligatoria la formazione dei mediatori. Marina Castellaneta