NOTAI: No al recesso per società «oltre la vita» (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Notai di Roma. Le ultime massime in materia di società – In alcuni casi, posizioni diverse da altri Consigli notarili
No al recesso per società «oltre la vita»
Se la durata dell’azienda supera la vecchiaia del socio questi non può uscire

Se la società di capitali ha una durata eccedente l’aspettativa di vita di un suo socio (persona fisica), costui non ha diritto di recesso dalla società, come invece la legge dispone nel caso della società che abbia nel proprio statuto una durata non determinata o stabilita a tempo indeterminato.
Con questa massima, elaborata alla fine dello scorso mese di luglio, i notai del Consiglio notarile di Roma hanno dunque preso posizione nella controversa materia del recesso in caso di durata della società convenuta per un tempo particolarmente lungo. Basti pensare che i notai del Triveneto, nella loro massima n. F.A.1, si sono espressi nel senso che, nel caso della «durata particolarmente lunga, ai soci potrebbe essere riconosciuto il diritto di recesso»; e che, in giurisprudenza, la Corte d’appello di Trento ha ritenuto (con sentenza del 22 dicembre 2006) la spettanza del diritto di recesso al socio di Srl in caso di «intervenuta proroga del termine di durata della società ad una data successiva all’aspettativa di vita dei soci» e la Cassazione, con sentenza 22 aprile 2013, n. 9662, ha deciso che in una Srl la cui durata sia «fissata in epoca lontana, tale da oltrepassare qualsiasi orizzonte previsionale, non solo della persona fisica ma anche di un soggetto collettivo, il socio ha diritto il recedere, sussistendo le stesse ragioni che hanno indotto il legislatore ad attribuire il diritto di recesso nelle società contratte a tempo indeterminato».
È proprio quest’ultimo il punto focale della questione. Se infatti la società di capitali è contratta a tempo indeterminato, l’articolo 2437, comma 2, del Codice civile (per le Spa) e l’articolo 2473, comma 2, del Codice civile (per le Srl) concedono ai soci il diritto di recedere liberamente dalla società stessa in qualsiasi momento (seppur con un preavviso di 180 giorni, periodo che lo statuto può allungare, ma non oltre l’anno). Ci si chiede dunque se, a questa previsione di legge, sia equiparabile il caso della durata particolarmente lunga della società.
I notai romani osservano che la facoltà di recesso in caso di durata indeterminata opera come contrappeso rispetto all’assenza del termine di durata: quando è presente un termine di durata, il rapporto sociale si scioglie in caso di mancata proroga della scadenza della società, quando invece il termine di durata sia assente, è il socio che può volontariamente sciogliere il proprio vincolo associativo. La stessa disciplina si rintraccia nell’articolo 2285 del Codice civile sul recesso dalla società di persone, che è sempre possibile quando «questa è contratta a tempo indeterminato o per tutta la vita di uno dei soci».
Ad avviso dei notai romani, proprio dal confronto dei testi normativi si comprende dunque che nelle società di capitali si è preferito offrire al socio la possibilità di recedere solo nel caso di società contratta a tempo indeterminato, senza accordare il medesimo diritto nel caso nel quale la durata della società fosse commisurata alla vita di uno dei soci. La ragione sarebbe da rintracciare nella differenza strutturale tra le società di persone (ove è prevalente il carattere personale del rapporto tra i soci) e la società di capitali, nelle quali assume preminenza la struttura organizzativa della società. È dunque per questo motivo che nelle società di capitali si deve fare affidamento su due opzioni nette: la durata determinata senza libero recesso, da una parte, e la durata indeterminata con libero recesso, dall’altra.
Si osserva, inoltre, che nelle società di persone i soci hanno la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali e che questa situazione necessita di un’attenuazione per evitare che il socio rimanga per lungo tempo responsabile delle obbligazioni sociali, senza potersi affrancare da tale gravosa responsabilità. Nelle società di capitali, invece, questa esigenza non è avvertita, dal momento che il socio non rischia più del valore della propria partecipazione.
Infine, secondo la massima in commento, si deve porre l’attenzione sul carattere sfuggente del concetto di «durata eccedente l’aspettativa di vita di un socio», in quanto la varietà della situazioni possibili (e cioè, a seconda che si tratti di un uomo o di una donna, di un giovane o di un anziano, di una persona sana o di una persona malata) rende impervia la definizione di tale concetto. A voler poi tacere del fatto che la compagine societaria sia composta solo o anche da soci diversi dalle persone fisiche. Angelo Busani

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