IL SOLE 24 ORE
Codice della strada. Sotto esame gli effetti della legge – All’esame della Procura di Roma la prima possibile applicazione
Omicidio stradale, test-sanzioni
Per alcune infrazioni particolarmente gravi non scattano le misure aggravate
Dom.27 – Milano. In attesa delle prime applicazioni della nuova legge 41/2016 sull’omicidio stradale in vigore da venerdì scorso (ieri una donna a Roma ha rischiato l’arresto per non essersi fermata dopo aver travolto quattro ciclisti, uccidendone uno: la sua posizione ora è al vaglio della Procura), una riflessione sul complicato puzzle normativo/penalistico uscitone mette in luce alcuni punti critici, punti lasciati irrisolti dalla lunga navetta parlamentare.
Lo spirito della legge, infatti, è di punire con il carcere chi, alla guida di un veicolo a motore, uccide qualcuno compiendo quelle infrazioni gravi e tipiche che fanno riqualificare l’omicidio da «colposo» a «stradale».
Ma non sempre nei fatti accade quanto è nei propositi del legislatore. Non solo per quel che è stato più volte sottolineato, ossia che certe infrazioni sono gravi solo “in astratto”, come per esempio il sorpasso di un veicolo lento in un punto dove la striscia è continua solo per eccesso di zelo del gestore della strada, o per una sua incapacità di contrastare accessi abusivi sulla carreggiata, o perché le attuali norme di costruzione delle strade impongono rettilinei davvero molto lunghi per consentire le strisce discontinue; o ancora, tra le infrazioni “apparentemente” più gravi, il sorpasso in corrispondenza di strisce pedonali rese invisibili dall’usura (responsabilità che andrebbe quantomeno condivisa con il gestore della tratta).
Ci sono, infatti, due tra le infrazioni più gravi in assoluto tra quelle previste dal Codice della strada, vale a dire l’inversione e la retromarcia in autostrada, che invece non fanno scattare il pesante aumento di pena ora introdotto dalla nuova legge in caso di omicidio stradale aggravato. Quelle condotte particolarmente pericolose, probabilmente le più pericolose nel novero rivisto dal legislatore penale, non a caso sono sempre state punite dal Codice della strada con sanzioni amministrative tra le più alte, superiori per esempio a quelle stabilite per ipotesi – come l’eccesso di velocità anche gravissimo – in cui si origina l’omicidio stradale con pena superiore ai 2-7 anni previsti già nella vecchia norma per l’omicidio colposo aggravato dalla violazione di norme stradali. L’incoerenza – come si vede nella tabella a lato – spicca nel confronto tra la multa (che per l’inversione può attivare a 8.017 euro) che si accompagna alla revoca della patente e al fermo del veicolo, ma che in caso di provocato omicidio non fa scattare, appunto, la nuova fattispecie di omicidio stradale.
Una scarsa considerazione delle situazioni empiriche emerge poi anche nelle nuove e allargate ipotesi di misure cautelari (arresto) per chi provoca sinistri sotto effetto di alcol o di sostanze vietate. Scontata l’applicazione per i casi di omicidio, dove l’entità della pena e l’incontestabilità dell’evento evita qualsiasi discussione, problemi sorgono per l’arresto facoltativo in flagranza nelle ipotesi di lesioni gravi o gravissime. La prassi forense racconta, infatti, che la qualificazione del reato in questi frangenti avviene in un momento quasi sempre abbastanza lontano dall’evento – prime diagnosi infauste spesso vengono ribaltate nel giro di poche ore dal ricovero, talvolta purtroppo accade il contrario – rendendo di fatto molto difficile, se non azzardata, la prognosi ex ante richiesta al pubblico ministero (per la richiesta di convalida) e al giudice dell’indagine preliminare per l’applicazione della misura restrittiva.
Un ulteriore aspetto che certamente solleverà inevitabili controversie – che pure la legge 41 ha cercato di “blindare” – riguarda i prelievi coattivi per chi si rifiuta di sottoporsi all’alcol/narcotest. Maurizio Caprino Alessandro Galimberti