OUA – DOCUMENTO EMENDAMENTI : DISEGNO DI LEGGE N. 2798 – MODIFICHE AL CODICE PENALE E PROCEDURA PENALE

Documento emendamenti

 

Disegno Legge n. 2798

Modifiche al codice penale e procedura penale

 

La disamina del Testo di Legge implica, prioritariamente, il rispetto di tre principi imprescindibili:

1) Chiarezza della norma penale o processuale ed rispetto del principio di tassatività

Il principio di tassatività della norma esprime la necessaria previsione, da parte del legislatore, delle fattispecie legali cui il precetto si applica. In base al principio di tassatività la norma in tanto è valida in quanto il legislatore ne abbia previsto con chiarezza tutti gli elementi costitutivi.

Questo principio è immanente in tutto l’ordinamento giuridico perché, quale espressione della legalità, concorre a rendere possibile l’applicazione giudiziaria della norma impedendo il soggettivismo del giudice nonché il ricorso alla analogia.

Tale principio rappresenta altresì un dato fortemente garantista in diritto penale (è infatti uno dei quattro sottoprincipi del principio di legalità), perché concorre a fondare uno dei suoi pilastri, ovvero il fatto. Senza di questo si avrebbe un diritto penale del sospetto dove il comportamento sanzionato può essere determinato da fonti extrapenali.

2) Principio “in dubio pro reo”

Nel processo penale, la decisione sul fatto incerto tiene conto, cioè, della diversa logica del giudizio che segue itinerari propri del sistema di garanzie che fanno da corollario al principio di presunzione costituzionale di non colpevolezza.

Dal principio costituzionale, infatti, quale regola probatoria e di giudizio collegata alla struttura del processo ed alle metodiche dell’accertamento del fatto deriva anche il rafforzamento della garanzia “in dubio pro reo”, posta a base della pronuncia di assoluzione in caso di incertezza del fatto per contraddittorietà, insufficienza e incertezza della ricostruzione dell’ipotesi dell’accusa (art. 530, co. 2 e 3, c.p.p.).

3) Ragionevole durata del processo

Il principio della durata ragionevole del processo ha trovato una prima ed autorevole affermazione nell’ordinamento italiano con la ratifica della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Legge 4.VIII.1955 n. 848).

Nel recente passato esso è stato oggetto di esplicita previsione costituzionale, attraverso la L.Cost.22.XI. 1999, n. 2, e secondo taluni interpreti, di una specifica concretizzazione a livello di legislazione ordinaria. Il riferimento esplicito è alla legge 24 marzo 2001 n. 89, c.d. “Legge Pinto”, recante “Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo”.

E’ comunque un principio da tenere in assoluta primaria considerazione nell’analisi della normativa penale e processuale.

 

 

Titolo I – Modifiche al Codice Penale

 

Art. 1 Condotte riparatorie

Al termine del comma I dell’art.162 ter c.p.p., sembra opportuna una specificazione sul concetto di eliminazione delle condotte dannose o pericolose del reato.

Altrimenti appare evidente il rischio che la fattispecie penale,come modificata, pur in un’ottica del favor rei, sia indeterminata e non rispetti il principio di tassatività della fattispecie penale, diretta emanazione del principio di legalità (art. 25 della Costituzione).

 

Art.3 Modifica art. 319 codice penale in materia di limiti di pena per il delitto di corruzione

La norma aumenta la pena edittale (corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio) da “quattro / otto anni di reclusione” a “sei / dieci anni di reclusione”.

Appare evidente che tale aumento della pena edittale pare esorbitante specie con riferimento al regime sanzionatorio previsto per i reati c.d. similari:

Art. 318 c.p. (corruzione per l’esercizio della funzione): reclusione da uno a cinque anni;

Art. 323 (abuso d’ufficio): reclusione da uno a quattro anni.

Il Governo ha fatto propria unicamente una “logica di emergenza” che, soprattutto nella lotta ai reati contro la Pubblica Amministrazione, non sembra aver dato effetti positivi negli anni passati.

Si ritiene che il fenomeno della corruttela diffusa, largamente presente nella nostra Pubblica Amministrazione, possa essere affrontato solo in un’ottica special-preventiva, senza aumentare ulteriormente le cornici edittali di pena dell’illecito penale.

Ad esempio, ampliando i poteri dell’Autorità Nazionale Anticorruzione ed implementando, per gli Enti Locali, l’obbligo dei documenti obbligatori, come il “piano triennale di prevenzione della corruzione” (P.T.P.C.) ed il “programma triennale per la trasparenza e l’integrità” (P.T.T.I.).

 

Capo II

Art. 6 Delega al Governo per la riforma del regime di procedibilità per taluni reati,  revisione delle misure di sicurezza e riordino di alcuni settori del Codice Penale

Su tale norma si ritiene opportuna una valutazione preventiva sulla costituzionalità della delega di legge, trattandosi di normativa di parte generale del Codice Penale, come tale direttamente sottoponibile a riserva di legge.

Non sembra che il contenuto della delega sia specifico e sufficientemente precisato, con particolare riferimento alla complessità delle materie trattate.

 

 

 

 

Titolo II Modifiche al Codice di procedura penale

 

 

Capo I

 

Art. 10, comma V

Modifiche alla disciplina delle indagini preliminari e del procedimento di archiviazione

Il provvedimento di archiviazione è nullo se emesso in mancanza dell’avviso ex 408, comma II c.p.p. (avviso alla persona offesa della richiesta di archiviazione).

Tale incombente formale – che andrà a gravare sul personale di cancelleria – pare indebito, soprattutto nel caso di denunce contro ignoti (magari poi diventati noti), ovvero denunce per fatti di rilevanza minimale, in cui comunque, pena la nullità, dovranno essere formalizzati gli avvisi di richiesta di archiviazione alle persone offese anche se non abbiano richiesto lo specifico avvertimento.

La circostanza che sul ricorso avverso l’ordinanza di archiviazione si debba pronunciare la Corte di Appello, pur inaudita altera parte, graverebbe notevolmente i ruoli, già oberati, della Corte di Appello e non pare possa essere una modifica positiva per il buon funzionamento del sistema giustizia.

 

Capo II

 

Art. 12, comma I

Modifiche alla disciplina dell’impugnazione della sentenza di non luogo a procedere

La norma aggiunge avverso la sentenza di non luogo a procedere, quale impugnazione antecedente al ricorso in Cassazione, il ricorso in appello da parte del Procuratore della Repubblica e del Procuratore Generale o dell’imputato.

Trattasi,evidentemente, di una normativa contraria al principio del favor rei,in quanto la maggioranza delle impugnazioni di tal genere viene proposta dalla Procura Generale o dalla Procura della Repubblica.

In un caso evidente di non luogo a procedere ante causam, come il Legislatore ha inteso il provvedimento ex art. 425 c.p.p., si crea un ulteriore passaggio processuale e, di fatto, un ulteriore grado di giudizio sfavorevole all’imputato.

Ciò anche in contrasto con il principio dell’economia processuale (art. 111 Cost.) e i principi in materia previsti dall’Unione Europea.

Art. 14 comma II

Modifica alla pena massima prevista per l’applicazione della pena su richiesta delle parti

La norma, all’art.444,coma I, diminuisce la pena da cinque anni a tre anni di reclusione.

Trattasi di modifica che va contro il favor rei e, soprattutto, l’agevole soluzione del procedimento in procedimenti per reati che prevedono una pena detentiva fino a cinque anni (in particolare, casi di art. 73 comma I DPR 309/1990, art. 628 c.p., art. 629 c.p., reati sessuali e contro la Pubblica Amministrazione)

 

Art.14 comma IX

Nuova forma di definizione anticipata del processo

Viene introdotto l’art.448 bis c.p.p. sentenza di condanna su richiesta dell’imputato.

La norma si presenta di dubbia legittimità costituzionale, con particolare riferimento all’ammissione del fatto ed alla conseguente richiesta di interrogatorio immediato che appare in palese contrasto con il diritto dell’imputato al silenzio ed al consenso per l’esame (art. 208 c.p.p.).

Si tratta, prima facie, di diritti indisponibili che non possono fondare un giudizio di colpevolezza.

In caso di costituzione di parte civile, il Giudice, con la sentenza di condanna, può decidere sulla relativa domanda di risarcimento danni: tale previsione stride evidentemente con quanto dispone l’art. 538 c.p.p. che prevede un’istruttoria completa per la decisione sulle statuizioni civili, trasfondendosi l’azione civile in toto nel processo penale.

Infine, la norma prevede che la sentenza di condanna sia inappellabile per l’imputato, ma non per il Pubblico Ministero (limitatamente ai casi di sentenza che modifica il titolo di reato o esclude la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o con pena di specie diversa da quella ordinaria del reato).

Anche tale previsione porta una disparità di trattamento delle parti processuali e rende la norma di dubbia legittimità costituzionale.

 

Roma,30 marzo 2015

 

 

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