LIBERO
Davigo a gamba tesa
Il capo dei magistrati risponde a Matteo: preparati alla guerra
Tutto va bene, madama la travaglia: la politica è sporca e non si ripulisce, la giustizia invece è perfetta e non c`è niente da cambiare. Sul Fatto Quotidiano, ieri, il neo presidente dell`Associazione magistrati Piercamillo Davigo si è profuso in un lungo monologo di due pagine che, tramite la trasformazione in neretto di alcune parti del testo, è stato poi ribattezzato «intervista»; lo stenografo si chiama Marco Travaglio, e, data la collaudata ripetitività delle asserzioni di Davigo negli anni, la cosiddetta intervista avrebbe potuto anche scriverla direttamente lui, Travaglio, utilizzando il noto metodo giornalistico marzullíano «fatti una domanda, datti una risposta e riciclala per vent`anni».
In effetti Davigo dice più o meno le stesse cose dai tempi di Mani pulite: storielle, aneddoti, paradossi, freddure, roba da far sorridere una platea alla presentazione di un libro. Ma ora che ha un ruolo politico – capo del sindacato dei magistrati, maggior potere non elettivo del Paese – ogni sua uscita potrebbe diventare una posizione strategica o appunto politica, soprattutto se il presidente del Consiglio ha appena parlato degli stessi temi.
È successo ieri. Renzi, in Senato, aveva da poco pronunciato delle doverose ovvietà: che negli ultimi vent`anni questo Paese ha conosciuto «autentiche barbarie giustizialiste», che spesso un avviso di garanzia è bastato per rovinare mediaticamente persone perbene, che per esempio la recente indagine di Potenza ha diffamato un governo prima di qualsiasi sentenza (anche se nessun governativo è indagato) e che le intercettazioni spesso sono diffuse solo per sputtanare: insomma delle banalità, tanto da porre il dubbio sul perché, semmai, certi discorsi non siano stati fatti altre volte. Ecco: la risposta di Davigo, indiretta, converge come può farlo la pallina di una partita di tennis: l`importante è rísbatterla nel campo dell`avversario. Il tappeto rosso steso dal Fatto Quotidiano già non faceva grinze: Renzi, nel titolo, era paragonato a Berlusconi, mentre l`editoriale di Travaglio (titolato «negazionismo peloso») lo paragonava a Craxi. Fine della dialettica. Le negazione totale di qualsiasi problema o difetto in seno alla magistratura italiana, da parte di Davigo, lasciava peraltro intendere quanto il personaggio appaia
indisponibile a muoversi da una posizione di arcigna schermaglia sindacale, e quanto poco insomma appaia disposto a un cosiddetto confronto fondato perlomeno su una minima presa d`atto della realtà in cui si vive.
Macché: «Non c`è nessuna guerra» tra politica e magistratura, dice Davigo, e l`unico problema è che la politica e le istituzioni non rimuovono il personale da rimuovere. Cioè chi, i condannati? No, s`intendono quelli da rimuovere
«in base a un giudizio morale o di opportunità». Che spetta a chi? Forse a
Davigo e al Fatto Quotidiano? La leggerezza con cui Davigo nega o liquida qualsiasi cosa fa capire che la «sua» magistratura non vuole fare prigionieri, o meglio, vuole fare tutti prigionieri. Il conflitto tra politica e magistratura?
«Naturale conseguenza della loro separatezza e indipendenza». Le intercettazioni penalmente irrilevanti? «Bastano e avanzano le norme sulla diffamazione e sulla privacy», come è noto. Ma perché le intercettazioni
irrilevanti non le eliminano direttamente i magistrati? Facile: perché possono
essere irrilevanti per tizio ma rilevanti per caio. Le raccomandazioni? «Sono reato». La presunzione d`innocenza? Quella è un fatto tecnico, «un fatto interno al processo, non c`entra nulla coi rapporti sociali e politici»,
cioè: «un fatto penalmente irrilevante può essere deontologicamente disdicevole».
E via così, i problemi non esistono: i tempi della giustizia? «Tutte le inchieste arrivano a sentenza», «i giudici italiani sono quelli che lavorano di più», «Parlamento e governo non possono dire che combattono l`evasione
fiscale», l`insindacabilità dei parlamentari non viene mai violata, anche questo governo denota «una certa allergia al controllo di legalità».
Tutto così: questo il biglietto da visita di un uomo che dovrebbe essere di «trattativa» ma che pare incazzato anche quando dorme. FILIPPO FACCI