ITALIA OGGI SETTE
Il provvedimento che allunga i procedimenti dopo il primo grado si è impantanato al Senato
La prescrizione è in difficoltà
Casson vuole prolungarla mentre l’Ncd non ci sta proprio
Sab. 17 – In calendario per questa settimana al Senato, l’approvazione della legge con le modifiche al codice penale è slittata. Il rinvio è stato determinato dalla triplice, consecutiva mancanza del numero legale. La presidente di turno, Linda Lanzillotta (ex montiana, ora nel Pd), ha tentato di evitare la conta, ma ha subìto corali proteste ed è stata poi punzecchiata (non per la prima volta) dal leghista Roberto Calderoli, anche lui vicepresidente e pronto a dimostrare le topiche della collega quando siede sul più alto scranno a palazzo Madama.
Il tema bollente è rappresentato dalla prescrizione.
Quando il progetto di legge uscì dalla Camera, il Ncd rilevò che la tendenza a processi di durata esorbitante non era accettabile: ottenne garanzie di riscrittura al Senato. Con estrema fatica, è stato raggiunto un compromesso (che mantiene sempre termini processuali lunghi) tramite complicate mediazioni fra il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, e il presidente della commissione senatoriale, Nico D’Ascola, alfaniano.
A intralciare il percorso è però il magistrato senatore Felice Casson, correlatore del provvedimento, il quale con un paio di emendamenti intende prolungare la durata della prescrizione, segnatamente dopo la condanna in primo grado. Dietro di lui c’è il sindacato delle toghe, posto che molti magistrati sarebbero in cuor loro favorevoli a sopprimere in radice l’istituto della prescrizione. Ci sono i giustizialisti del Pd, i quali temono la concorrenza dei pentastellati, notoriamente voce di risonanza per le procure italiche e votati al forcaiolismo puro e semplice. Ci sono senatori delle minoranze democratiche (lo stesso Casson ne fa parte), cui l’occasione torna a fagiolo per infastidire la propria segreteria.
Dunque, domina incertezza sull’esito di questi e altri emendamenti (ne sono depositate alcune centinaia), specie per il voto segreto, sempre imprevedibile. Il timore è che l’approvazione delle proposte Casson determini l’astensione del Ncd sul voto finale: a parte la considerazione che a palazzo Madama gli astenuti si assommano ai contrari e quindi chi si astiene vota, di fatto, contro, ci sarebbe ovviamente una frattura politica che a Matteo Renzi non andrebbe a genio. Si ventila come soluzione possibile, che in questi giorni circola fra palazzo Madama, palazzo Chigi e via Arenula, sede del ministero, la posizione della fiducia. Il provvedimento, d’altronde, giace da un anno al Senato, e Orlando gradirebbe portarlo una buona volta a compimento. Cesare Maffi