IL SOLE 24 ORE
Giustizia. Lettera a Orlando e Grasso per sollecitare l’approvazione urgente – L’Anm: decisione sullo sciopero dopo l’incontro con Renzi
Prescrizione, l’Ocse «spinge» la riforma
Sab.15 – ROMA. L’Ocse va in soccorso al ministro della Giustizia Andrea Orlando sollecitando l’approvazione «urgente» della riforma della prescrizione contenuta nel Ddl sul processo penale, da settimane bloccato al Senato per una scelta politica del premier Renzi, preoccupato della tenuta del governo alla prova del voto, anche con il ricorso alla fiducia. La sollecitazione è contenuta in una lettera non ancora ufficiale – partirà solo dopo il 19 ottobre – ma della cui esistenza è venuta a conoscenza ieri l’agenzia Ansa. I destinatari sono il ministro Orlando e il presidente del Senato Pietro Grasso. L’Organizzazione con sede a Parigi – che da anni monitora l’Italia sul fronte della corruzione internazionale – è convinta che la mancata approvazione in tempi rapidi della riforma «strutturale» della prescrizione pregiudichi i progressi fatti dall’Italia con le misure varate l’anno scorso, in particolare con la legge anticorruzione, che ha aumentato le pene per alcuni reati (allungando così anche i relativi termini di prescrizione). Una riforma, quest’ultima, che secondo i dati raccolti dall’Ocse non è sufficiente poiché i procedimenti per corruzione internazionale continuano a prescriversi.
La sollecitazione porta acqua al mulino di Orlando nel braccio di ferro con Renzi in atto ormai da un mese: il primo spinge per votare, ricorrendo alla fiducia (già autorizzata) qualora dovessero esserci incidenti sui voti segreti (sono ben 170); il secondo considera la riforma una mina vagante che, alla vigilia del referendum del 4 dicembre, rischia di far saltare il governo, che al Senato non ha la stampella dei verdiniani (assolutamente contrari al Ddl) e non può neanche fare affidamento sulla compattezza della maggioranza; senza dire che l’Anm è sul piede di guerra per almeno due punti del provvedimento, considerati «punitivi» nei confronti dei Pm e comunque destinati, se approvati, ad aumentare il numero dei processi prescritti.
Per affrontare questo nodo, Renzi ha dato la sua disponibilità a incontrare l’Anm il 24 ottobre insieme a Orlando e, in vista di quell’appuntamento, ieri i magistrati hanno soprasseduto sulle azioni di protesta (compreso lo sciopero) contro la riforma, la carenza di risorse (finanziarie e di personale), e il decreto che proroga di un anno i vertici della Cassazione in età pensionabile.
In questo quadro si inserisce la lettera dell’Ocse. Un atto interno non ancora “perfezionato”, di cui era – ed è – previsto l’invio dopo il 19, per consentire entro quella data eventuali integrazioni o correzioni. L’anticipazione aiuta Orlando nella battaglia quasi solitaria, ormai, per non rinviare il voto a dopo il 4 dicembre.
Nell’ultimo rapporto semestrale sull’Italia (di ottobre), l’Ocse segnala, come nel precedente, l’immobilismo sul fronte prescrizione. È infatti da un anno che Parigi non riceve (buone) notizie al riguardo. A metà marzo, nella Conferenza organizzata nella capitale francese, presieduta da Orlando, il segretario dell’Ocse Ángel Gurria aveva pubblicamente apprezzato le misure approvate dall’Italia nel contrasto alla corruzione e quelle in cantiere. Rimaste, però… in cantiere. L’aumento delle pene dei reati di corruzione non è infatti un intervento «strutturale» sulla prescrizione e infatti non ha impedito – sostiene l’Ocse, dati alla mano – che i processi continuino a prescriversi.
Già nel 2014 l’Italia aveva ricevuto una lettera per approvare con urgenza una riforma strutturale. Questa è la seconda. Il passo successivo – qualora non ci fossero segnali entro marzo – sarebbe un public statement, ovvero una dichiarazione pubblica dell’Ocse nei confronti dell’Italia.
Vista da Parigi, l’incertezza dello scenario politico dopo il 4 dicembre dovrebbe indurre il governo a votare al più presto la riforma. Un «rischio» che finora Renzi non ha voluto correre, al punto da usare l’Anm, e le sue critiche, per frenare. Peraltro, se i due punti critici segnalati dalle toghe fossero accolti (portare da 3 a 6 mesi il termine entro cui il Pm deve chiedere l’archiviazione o il rinvio a giudizio pena l’avocazione del Procuratore generale; cancellare la norma che impone al Pm di iscrivere «immediatamente» la notizia di reato, pena conseguenze disciplinari), la maggioranza potrebbe essere persino più a rischio di quanto lo sia ora. Donatella Stasio