PREVIDENZA: Cassa commercialisti, la riforma supera l’esame-Cassazione (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Previdenza. Per le regole sulla determinazione dell’assegno
Cassa commercialisti, la riforma supera l’esame-Cassazione

La Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti ha agito correttamente quando ha calcolato la pensione erogata dopo il 2008 prendendo come riferimento la quota reddituale media degli ultimi 24 anni – cioè dal 1979 al 2003 – e non quella degli ultimi 15 anni. Così ha stabilito la Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza 6704 depositata ieri. La notizia non coglie di sorpresa la Cnpadc, che in merito aveva già “registrato” le posizioni assunte dalla Cassazione a sezioni unite l’anno scorso relative alla stessa questione per la Cassa dei ragionieri (sentenze 17742/2015 e 18136). In gergo queste cause vengono definite “seriali” perché vinta una-vinte tutte (vale ovviamente anche il contrario).
Non è un caso che la Cassa ragionieri e la Cassa dei dottori commercialisti abbiano un analogo destino sul fronte dei ricorsi degli iscritti. Queste Casse nel 2004 hanno fatto riforme sostanziali scegliendo di passare dal sistema di calcolo retributivo al contributivo, con un importante taglio dell’assegno pensionistco. Esistevano, però, diversi iscritti che avevano maturato il diritto al cosiddetto pro-rata, e quindi con un conteggio della pensione in parte – e quindi fino a tutto il 2003 – con il sistema retributivo e in parte, dal 2004 in poi con il meno generoso contributivo. All’epoca della riforma per non gravare tutto solo sulle giovani generazioni venne introdotto un contributo di solidarietà sulle pensioni più alte contro cui diversi pensionati si sono opposti avendo ragione perché si trattava, secondo la Cassazione, di diritti acquisiti. «Ma il contributo di solidarietà – spiega il presidente di Cnpadc , Renzo Guffanti – aveva soprattutto un valore politico, il valore sostanziale, il cuore della riforma è invece quello legato al calcolo del pro rata».
La Cnpadc ha congelato le posizioni retributive al 2003, per cui la parte di retributiva viene calcolata dal 2003 a ritroso, nel caso trattato per 24 anni; la richiesta del commercialista andato in pensione nel 2008, su cui la Cassazione si è pronunciata ieri, era invece di aver calcolata la parte retributiva per gli ultimi 15 anni di attività cioè dal 1993 al 2008. «In alcuni casi, comunque non più di dieci – racconta Guffanti – i pensionati in primo o secondo grado hanno vinto e la pensione ricalcolata è risultata più alta anche del 40%», ma, alla luce della sentenza di ieri, si può affermare che si tratta di un anticipo indebito che andrà restituito quando il caso arriverà in Cassazione.
Le norme di riferimento sono il comma 763 della Finanziaria 2007 , legge 296/2006, e il comma 488 della legge di Stabilità 2014, legge 147/2013; nella lettura congiunta di queste due norme l’anno della svolta è il 2007. Chi è andato in pensione prima del 1° gennaio 2007 si troverà un trattamento in linea con le vecchie regole, chi, invece, è andato dopo dovrà sottostare ai tagli imposti dalla riforma. La fine delle cause pendenti sulla materia, non più di 30, sembra quindi già scritta. Federica Micardi

Foto del profilo di Andrea Gentile

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