ITALIA OGGI
La Cassazione sulla riforma messa in campo dalla Cassa di previdenza della categoria
Commercialisti, solidarietà ko
Il contributo pagato dai pensionati va restituito
Nuovo ko tecnico per la Cassa di previdenza dei dottori commercialisti sul contributo di solidarietà a carico dei pensionati. L’autonomia di cui gode la cassa permette manovre esclusivamente sul rapporto contributivo degli assicurati, ossia sui professionisti in attività; ma vieta qualunque tipo di manovra a carico dei pensionati che consente «di sottrarsi in parte all’adempimento riducendo l’ammontare delle prestazioni attraverso l’imposizione di contributi di solidarietà». A ribadirlo, ancora una volta, è la Corte di cassazione nella sentenza n. 12338 deposita martedì che rafforza ai professionisti il principio dei «diritti acquisiti» in tema di pensioni.
Solidarietà ko. La vicenda riguarda il contributo di solidarietà che la Cassa commercialisti ha posto a carico dei pensionati, al fine di riequilibrare i conti e non sovraccaricare di oneri i professionisti più giovani. Questione non nuova: infatti, risolta una prima volta in Cassazione con condanna della cassa a restituire i contributi trattenuti sulle pensioni dal 2004 al 2008, riguarda il medesimo contributo trattenuto dal 2009 al 2013. E neppure nuovo è il verdetto: conferma l’illegittimità del contributo, deciso dal Tribunale di Belluno e dalla Corte di appello di Venezia in seguito al ricorso promosso da tre commercialisti in pensione. Il contributo di solidarietà sotto inchiesta è quello introdotto dalla Cassa commercialisti con la delibera n. 4/2008, invocando la piena «autonomia» loro riconosciuta dalla legge n. 335/1995 (riforma Dini). Autonomia che, però, si è poi rivelata vera per metà, cioè soltanto nei confronti dei professionisti «attivi» (quando sono a lavoro). Per salvaguardare alle Casse la possibilità d’intervenire anche sui pensionati, il legislatore è intervenuto varie volte: con l’art. 1, comma 763, della legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007); con l’art. 24, comma 24, del dl n. 201/2011 convertito dalla legge n. 214/2011 (riforma Fornero); infine, con l’art. 1, comma 488, della legge n. 147/2013 (Stabilità 2014).
Quale autonomia. La nuova pronuncia ribadisce l’indirizzo giurisprudenziale consolidato. Spiega, in particolare, che la norma della Finanziaria 2007 non ha intaccato il regime di «autonomia» che la legge n. 335/1995 riconosce alle casse e che non è stato mai modificato: un’autonomia a metà. Ossia che da un lato consente alle casse di intervenire sul rapporto con i professionisti che pagano i contributi, mediante variazione delle aliquote contributive, riparametrazione dei coefficienti di rendimento e con ogni altro criterio di calcolo della pensione; ma che, dall’altro lato, vieta qualunque tipo d’intervento sul rapporto in essere coi pensionati, così da non permettere (alle casse) «di sottrarsi in parte all’adempimento riducendo l’ammontare delle prestazioni attraverso l’imposizione di contributi di solidarietà».
Solo la legge può tagliare le pensioni. Sulla base delle precedenti pronunce, in conclusione, la Corte di cassazione ribadisce che deve ritenersi esclusa qualunque possibilità, per le Casse, di limitare le pensioni con atto unilaterale una volta che sono in godimento come è successo, appunto, con l’introduzione del contributo di solidarietà. Questo che non possono fare le casse, tuttavia, non è vietato alla legge; ma pure in tal caso entro certi limiti, vale a dire in misura «proporzionale alla quantità dei contributi versati» (un contributo di solidarietà che, per legge, imponesse di ricalcolare la pensione con il criterio contributivo, insomma, potrebbe incontrare il favore della cassazione).
Dalla Cassa. Per i vertici della Cassa di previdenza la pronuncia è in linea con le più recenti sentenze della Cassazione che hanno comunque «riconosciuto piena validità alla riforma del 2004, della quale il contributo di solidarietà è importante elemento. Le posizioni interessate da questa sentenza si riferiscono a prestazioni liquidate prima dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 763, della legge finanziaria 2007 (di cui il legislatore ha chiarito la portata con l’art. 1, comma 488, della legge 147/2013)», spiega Renzo Guffanti. Aggiungendo che «l contributo di solidarietà indubitabilmente, conti alla mano, ha contribuito e contribuisce positivamente all’equilibrio di lungo periodo del sistema previdenziale e, come ampiamente compreso dalla maggior parte dei pensionati stessi incisi dal contributo, ha connotato la riforma di una maggiore equità tra generazioni». Infatti, il contenzioso è stato attivato da circa il 10% dei pensionati, a testimonianza del fatto che la restante parte (il 90%) ha accettato la misura ritenendola necessaria. «A tal proposito», conclude Guffanti, «ricordo che l’Assemblea dei Delegati che ha deliberato il rinnovo del contributo di solidarietà aveva al proprio interno pensionati interessati dal contributo medesimo». Daniele Cirioli