ITALIA OGGI
L’allarme di Cassa dottori commercialisti nel corso del convegno di Itinerari previdenziali
Credito d’imposta dileguato
Enti: errato legare il valore agli investimenti realizzati
Un «equivoco nei termini» che costerà caro agli Enti previdenziali che utilizzeranno il credito d’imposta per gli investimenti. Usando il modello approvato dall’Agenzia delle Entrate, la Cassa dei dottori commercialisti (Cnpadc) ha scoperto che «il credito d’imposta che viene riconosciuto viene calcolato nella misura del 6% sugli investimenti effettivamente realizzati», quando, invece, il decreto governativo «dice che il 6% viene calcolato sulla tassazione applicata ai rendimenti ottenuti».
A darne notizia a ItaliaOggi il presidente dello stesso Ente, Renzo Guffanti, che ieri, a margine del convegno di Itinerari previdenziali a Roma, ha riferito come ciò sia emerso «lavorando alla definizione dei numeri di bilancio, nelle ultime ore». E l’«anomalia» non è di scarso valore: nel caso della Cassa dei dottori commercialisti «la differenza è tale per cui, avendo circa 6 milioni da agevolare», ossia la «differenza fra il 20% e il 26% dell’aliquota applicata sulle rendite da investimento che abbiamo ottenuto nel 2015» e «avendo dall’altra parte investito l’equivalente di 16 milioni», di fronte al fatto che il testo del decreto recita che «spetta un credito d’imposta pari al 6% rispetto alla maggiore tassazione applicata, ci troviamo nella condizione in cui con 16 milioni impiegati in operazioni finanziarie ci aspettiamo che il credito riconosciuto agevolabile sia pari a 6 milioni» mentre, al contrario, il modello delle Entrate «applica il 6% sui 16 milioni investiti, riconoscendo così un credito d’imposta inferiore al milione». Secondo Guffanti, perciò, «siamo in presenza di un equivoco», visto che per la Cnpadc il computo esatto deve essere «quello che confronta i 16 milioni di investimento eseguito con i 6 milioni di maggior tassazione subita» e pertanto, «siccome i 6 milioni sono evidentemente molto meno dei 16 che abbiamo messo a disposizione del rilancio dell’economia reale del paese, tutti e 6 questi milioni ci dovrebbero essere riconosciuti come credito», o quantomeno «utilizzati nel conteggio proporzionale tra l’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti da tutti i soggetti che ne possono godere e l’ammontare agevolabile di 80 milioni complessivamente a disposizione». Sollevato il velo sulla «anomalia», perciò, il presidente ha «lanciato l’allarme a tutte le Casse dei professionisti aderenti all’Adepp» (l’Associazione che le riunisce), nonché «a quei fondi di secondo pilastro previdenziale» che, nella «forchetta» dall’11% al 20% (pari ad un credito d’imposta del 9%, mentre quello degli Enti, come già evidenziato, è del 6%, ndr) hanno «a loro volta effettuato degli investimenti» in settori strategici per la crescita dell’Italia, perché «temo si troveranno, a breve, di fronte allo stesso problema» rilevato dalla Cnpadc. E di prelievo fiscale sui fondi pensione complementari si è discusso nell’evento di Itinerari previdenziali: malgrado le tasse che, «nel 2015, hanno sottratto 1.107 milioni di euro (lo 0,85%)» nell’ultimo anno i rendimenti «si sono attestati tra il 2,7% ed il 3,7%, a fronte di un’inflazione pari a 0, e ad una rivalutazione del Tfr (Trattamento di fine rapporto) ferma all’1,2%». Simona D’Alessio