PREVIDENZA: Enpam, più soldi per le pensioni degli specialisti esterni (Italia Oggi)

ITALIA OGGI

Medici e odontoiatri
Enpam, più soldi per le pensioni degli specialisti esterni

Medici e odontoiatri che lavorano per strutture sanitarie accreditate hanno diritto a un contributo previdenziale calcolato sul fatturato delle società. Sono tenute, infatti, a destinare il 2% di quanto incassato in convenzione con il servizio sanitario nazionale al Fondo di previdenza specialisti esterni dell’Enpam.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza n. 11523 del 3 giugno 2016 della quarta sezione Lavoro, che mette fine a una diatriba che va avanti dal 2004, anno di entrata in vigore della legge n. 243/2004, tra le strutture sanitarie private convenzionate e l’Ente di previdenza. Tanto che la Fondazione Enpam, negli ultimi anni, ha emesso ben 200 decreti ingiuntivi nei confronti delle società morose che hanno portato al recupero di circa 15 milioni di euro. Entrando nel dettaglio, il fatturato della società in base al quale calcolare il contributo previdenziale, secondo l’art. 1, comma 39 della legge n. 243/2004, corrisponde al «fatturato annuo» della società limitato però a quello prodotto esclusivamente dal corrispettivo delle prestazioni specialistiche rese nei confronti del servizio sanitario nazionale dai medici e odontoiatri in regime libero professionale con tali società. Prestazioni che, specificano i giudici, sono remunerate in maniera predeterminata sulla base del nomenclatore tariffario nazionale o regionale. Inoltre, lo stesso comma nella parte finale, sottolinea la sentenza, dispone che a ciascun medico venga attribuita la quota parte della contribuzione di spettanza individuale, prevedendo che «le medesime società indicano i nominativi dei medici e degli odontoiatri che hanno partecipato alle attività di produzione del fatturato, attribuendo loro la percentuale contributiva di spettanza individuale». Tale disposizione, secondo la Cassazione, «depone nel senso di un uso appropriato e tecnico della parola fatturato, giacché essa non avrebbe significato ove la base di calcolo fosse già costituita dalle fatture emesse dai professionisti a fronte dei compensi ricevuti dalla società». La ratio della norma, a parere dei giudici, è proprio quella di evitare che, attraverso lo schermo della struttura societaria, l’attività di lavoro del medico in regime di libera professione fosse sottratta alla contribuzione previdenziale. Inoltre, tale soluzione non è incoerente con il sistema, specifica la Corte, perché se è vero che per il calcolo della contribuzione alle varie casse dei professionisti si fa generalmente riferimento al reddito professionale netto e su questo si applica l’aliquota contributiva, vi sono ipotesi in cui, oltre al contributo sui redditi viene aggiunta una contribuzione sul volume di affari dichiarato ai fini Iva e si prevede un contributo minimo, indipendentemente dal reddito prodotto. «Sicuramente è una buona sentenza che ci conforta sulla bontà delle scelte che abbiamo fatto in questi anni», ha commentato il presidente Enpam, Alberto Oliveti, «il tempo della pazienza è terminato. Ora è il momento di passare all’esecutività degli incassi, e possiamo farlo a termini di legge». Gabriele Ventura

Foto del profilo di Andrea Gentile

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