IL SOLE 24 ORE
Il ruolo di Cnpadc. I risultati degli interventi effettuati negli oltre vent’anni dal decreto legislativo 509
Le Casse per il rilancio del Paese
di Giuseppe Grazia – Vice Presidente Cassa nazionale previdenza e assistenza
dottori commercialisti
Ieri, nel 1994, il risparmio previdenziale della Cassa ammontava a 465 milioni di euro, di cui 273 per la componente mobiliare. Oggi, nel 2016, il risparmio ha raggiunto 6.200 milioni di euro, di cui 5.800 per la componente mobiliare. In poco più di vent’anni molti scenari hanno caratterizzato la gestione della Cassa.
Siamo passati dalla privatizzazione concessa in cambio di una pesante eredità di promesse pensionistiche mitigata da un patrimonio che bastava appena per un decennio, alla riforma radicale del sistema previdenziale, che ha comportato l’adeguamento delle modalità della gestione del patrimonio e dell’asset allocation puntando su tre obiettivi: la sostenibilità finanziaria del sistema, l’adeguatezza della prestazione e il sostegno all’attività professionale.
Il cammino per la sostenibilità
Per la sostenibilità nel 2004 è stata varata la riforma, che ha comportato notevoli sacrifici alla categoria, ma che ha riequilibrato il sistema. Il patrimonio ha subìto un processo di trasformazione, passando da una gestione sostanzialmente bilanciata con titoli governativi e Gpm, a una gestione ugualmente bilanciata ma con un’adeguata diversificazione che ha mirato a limitare la concentrazione di rischio, con una buona varietà di strumenti, di aree geografiche, di emittenti e di attività settoriali, anche non ciclici; inoltre, gli strumenti in portafoglio sono sempre stati prontamente liquidabili. Per quanto possa apparire banale, ci siamo concentrati su alcune regole semplici quali “diversificare” e “decorrelare” su attività che non si muovono nella stessa direzione.
Oggi, rimessi i conti in ordine, abbiamo varato misure in ordine all’adeguatezza della prestazione e anche in questo caso le modalità di gestione del patrimonio hanno rivestito un ruolo importante. Il primo passo è stato quello di “switchare” il portafoglio da strumenti a capitalizzazione a quelli a distribuzione, per ottenere un flusso finanziario costante e garantire che i rendimenti dell’anno venissero riconosciuti sul montante contributivo di ciascun iscritto.
Ciò in ragione del nostro regolamento previdenziale che prevede la rivalutazione del montante in base al rendimento realizzato dal patrimonio investito … realizzato e non maturato!
La presenza nel nostro regolamento di un tetto alla rivalutazione, tuttavia, in un momento in cui il Pil è ai minimi, ha generato in questi ultimi anni l’accantonamento di un “tesoretto” che, per ragioni legate all’adeguatezza, è stato destinato alle posizioni individuali degli iscritti (77 milioni).
L’impegno per l’economia reale
Raggiunta la sostenibilità e l’adeguatezza gli sforzi sono stati indirizzati verso il rilancio delle professioni, che passa attraverso il rilancio dell’economia.
A partire dal 2013 la Cassa ha identificato nell’economia reale le nuove strategie di impiego.
Le motivazioni che ci hanno spinto verso questi strumenti sono molteplici e vanno dal rilancio dell’economia e di funzione sociale, alla diversificazione della propria Asset Allocation, sia in termini di decorrelazione con gli strumenti tradizionali che in termini di rendimento, stante che oggi i tassi obbligazionari registrano valori vicino allo zero e i listini dell’equity registrano valori superiori ai fondamentali.
A oggi siamo impegnati per circa 500 mln di euro investiti in private equity, debt, infrastrutture, venture capital, fondi immobiliari, principalmente con focus Italia.
Per il 2016, sono inoltre previsti investimenti in diversi settori di impiego quali social housing e fonti energetiche ma saranno privilegiate le residenze sanitarie assistenziali già a reddito, accreditate e gestite da operatori del settore: si tratta di strutture sanitarie riabilitative che vogliamo utilizzare, oltre che per impieghi finanziari, anche per un welfare integrato convenzionando i nostri iscritti.
Gli interventi che servono
Chi ci governa deve ricordare che l’investitore previdenziale, nel resto del mondo, è il principale finanziatore nell’economia, dove risparmio e investimento reale vanno in simbiosi. In Italia, anche su questo fronte, siamo in ritardo.
Il mondo previdenziale ha le risorse (non tutte ovviamente) per sostenere investimenti reali e welfare, per contribuire in parte al rilancio del Paese e ridurre i costi dello Stato.
Dall’altro lato emerge la necessità che il Governo incentivi la nostra partecipazione, in modo costruttivo, collaborativo. Possiamo alleggerire il bilancio statale, anche sulla grande tematica della spesa sanitaria, ma non utilizzateci quale bancomat, per pochi spiccioli che poco o nulla possono contribuire al rilancio del Paese.
E domani? È una domanda che si presta a molte riflessioni e scenari, considerato che il sistema previdenziale di primo pilastro registra un volume di 75 miliardi di euro, e nel complesso è un sistema che tiene grazie alle riforme adottate da quasi tutti gli Enti. Una riflessione di preoccupazione nasce dalla tendenza di questi ultimi anni di una produzione normativa che tende alla “ri-pubblicizzazione” degli Enti stante le scelte legislative adottate, motivate dal controllo della spesa pubblica e dalle esigenze di allargare la base imponibile.
Ricordiamo l’elenco Istat, l’assoggettamento alla spending review, la tassazione al 26% dei proventi del risparmio previdenziale, al pari di un qualunque speculatore finanziario, l’armonizzazione dei sistemi contabili, il controllo degli investimenti, tanto per citarne alcune.
Abbiamo dimostrato di saper gestire il presente e il futuro; di riflesso al mondo politico chiediamo di semplificare il presente e progettare un futuro in coerenza con il patto di privatizzazione siglato nel ’94 e da parte nostra rispettato.