CORRIERE ECONOMIA
Norme. In gioco il versamento alle Casse di previdenza
Società professionali. Quello strano pasticcio dei contributi dribblati
I tecnici lanciano l’allarme: servono regole
uguali per tutti nel nuovo codice degli appalti
Tutto è iniziato con la lettera inviata al governo dagli enti previdenziali Inarcassa (ingegneri e architetti), Cipag (geometri), Epap (geologi, chimici, attuari e dottori agronomi e forestali) e Eppi (periti industriali) che hanno chiesto di modificare la norma del Codice degli appalti, affinché venga previsto l’obbligo di versare il contributo integrativo del 4% per le società di ingegneria e per quelle tra professionisti all’ente pensionistico di riferimento. Le società tra, professionisti però non sono le Stp introdotte qualche anno fa, dal governo Monti. In Italia, infatti le società dei professionisti usufruiscono ancora di vantaggi fiscali legati a norme molto vecchie. Questo però potrebbe creare forti squilibri alle casse di previdenza, oltre a generare rapporti di forza impari durante le gare d’appalto.
«Bene hanno fatto le Casse professionali – afferma la vicepresidente della Commissione Ambiente della Camera, Serena Pellegrino-. Quella data al governo non è una delega in bianco. Il nuovo Codice degli appalti deve garantire a tutti i soggetti operatori gli stessi diritti, ma soprattutto gli stessi doveri».
L’impatto
Il problema però è diffuso ed esteso a molte categorie professionali: se basta cambiare modalità di esercizio professionale per eludere i contributi, allora chiunque potrebbe essere tentato di scegliere la strada della società di ingegneria e di professionisti. In termini di cifre, dunque, l’impatto potenziale è molto più elevato di quello, già alto, stimato oggi dalle Casse.
Giusto per dare l’idea: per Inarcassa (la cassa di previdenza di ingegneri e architetti) la partita vale 50 milioni di euro annui, per Cipag (geometri) l’impatto potenziale è di 5 milioni di euro annui, ma in ballo ci sono anche i periti industriali dell’Eppi e i geologi (che versano il contributo integrativo Epap).
Ma il fenomeno è già, in grado di toccare altre categorie, anche al di fuori dall’area tecnica. Basta ricordare l’esempio degli «specialisti esterni», una piccola platea di medici e dentisti convenzionati con il Servizio sanitario nazionale. Nel loro caso, per l’appunto, è bastato cambiare il modello organizzativo di esercizio della professione per mandare in deficit la gestione previdenziale.
Secondo la prassi vecchia, infatti, questi camici bianchi lavoravano direttamente per il Servizio sanitario nazionale in qualità di liberi professionisti (e versavano contributi dal 12 al 22%). Progressivamente il Servizio sanitario nazionale ha smesso di convenzionare professionisti autonomi e al loro posto ha accreditato delle società, cui è stato imposto per legge di pagare un contributo del 2% sul fatturato. La norma però lascia spazio a diverse interpretazioni e quindi ha generato numerosi contenziosi lasciando qualche varco per l’elusione contributiva.
La richiesta
Questa «breccia» nel sistema ha fatto – che oggi il rapporto tra gli specialisti esterni del mondo della medicina, che lavorano tramite società e quelli che continuano come professionisti autonomi, è quasi di 10 a 1 (cioè 6.772 versus 794). Risultato: quella degli specialisti esterni è l’unica gestione previdenziale
Enpam in deficit.
«Se si vuole conservare un sistema pensionistico sostenibile nel tempo – dichiara il presidente dell’Adepp Alberto Oliveti – è prioritario fare massima attenzione ai cambiamenti e difendere il flusso dei contributi. Bene quindi hanno fatto le Casse tecniche a lanciare un appello al governo su potenziali buchi normativi che potrebbero consentire alle società di eludere gli obblighi contributivi. È un copione purtroppo già visto in altri settori: quando le norme non sono chiare le società tendono a non pagare i contributi, facendo venire meno le risorse necessarie a pagare le pensioni dei professionisti che lavorano».