PROCEDURE CONCORSUALI: Se c’è reato il curatore non paga (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Implicazioni fiscali. Di norma le parti rispondono in solido per l’imposta di registro del 3%
Se c’è reato il curatore non paga

L’eventuale sentenza favorevole alla curatela dell’azione promossa contro amministratori e sindaci va valutata anche sotto il profilo fiscale, soprattutto se tale azione è stata promossa con il dichiarato fine di apportare somme all’attivo fallimentare.
Nell’ipotesi in cui il fallimento ottenga una decisione favorevole al risarcimento del danno alla società da parte di amministratori e/o sindaci, la relativa sentenza è soggetta all’imposta di registro del 3% ex articolo 8, lettera b della Tariffa, parte I allegata al Dpr 131/1986). Gli obbligati al pagamento sono tutte le parti in causa e, quindi, gli amministratori/sindaci e la curatela. Si tratta di una responsabilità solidale e quindi il pagamento da parte di uno, libera gli altri. Ciò però, significa anche che ove gli amministratori/sindaci tenuti al risarcimento, non versassero l’imposta di registro dovuta per la registrazione della sentenza, la società in fallimento, deve provvedervi entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di liquidazione.
Esiste, tuttavia, una deroga a tale regola, (lettera d, articolo 59, Dpr 181/86), secondo la quale le sentenze che condannano al risarcimento del danno prodotto da fatti costituenti reato si registrano a debito, ossia senza contemporaneo pagamento dell’imposta dovuta.
L’esempio potrebbe riguardare il caso in cui gli amministratori con lo scopo di procurare a sé e/o ad altri un ingiusto profitto e di recare danni ai creditori, tenevano irregolarmente le scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio della fallita oppure attraverso operazioni fraudolente sono state sottratte somme dalle casse sociali. Purtroppo l’applicazione di tale disposizione è tutt’altro che pacifica. Il primo dubbio riguarda tutte le ipotesi in cui il risarcimento del danno deriva da una sentenza civile in conseguenza della specifica azione promossa in tale sede, ossia che sia slegato dalle vicende penali.
Secondo il Mef (circolare 100/97) «qualora l’imposta venga determinata – sulla base della sentenza o del provvedimento interinale emessi nel successivo giudizio sul quantum debeatur – in misura proporzionale (articolo 8 della Tariffa, parte prima allegata al Dpr 131 del 1986), potrà darsi luogo al conguaglio (articolo 37, comma 1 , Dpr 131 /1986) tra l’imposta come sopra determinata e quella fissa dovuta per la registrazione delle sentenze penali di cui trattasi». La giurisprudenza di legittimità ha interpretato la norma in modo ancora più favorevole alla parte danneggiata, secondo la Cassazione (sentenza 24096 del 2014) la norma fa generico riferimento alle «sentenze che condannano al risarcimento del danno prodotto da fatti costituenti reato», con la conseguenza che trova applicazione anche alle sentenze di giudizi civili (Cassazione 5952/2007).
Ai fini dell’imposta di registro – ha rilevato la Suprema Corte – non interessa l’avvenuta trasmissione di atti al pm per l’eventuale esercizio dell’azione penale, né il fatto che vi sia stata o meno un’imputazione nei confronti della parte cui la condanna si riferisce. Laura Ambrosi

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