IL SOLE 24 ORE
Processo civile. Lo strumento, pur previsto dalla riforma del 2013, non è ancora diffuso
La mediazione si fa strada anche in appello
È facoltà discrezionale del giudice, anche in appello, disporre la mediazione. A prescindere dall’obbligatorietà o meno della mediazione ante causam o dalla vigenza o meno della norma che prevede tale potere prima dell’introduzione della specifica lite. Per cui anche la Corte di appello può ordinare la mediazione, disponendo che le parti debbano comparire personalmente dinanzi al mediatore designato.
Perviene a queste conclusioni la Corte di appello di Milano (Prima sezione civile, presidente Boiti, relatore Fiecconi), con l’ordinanza del 22 marzo scorso, che apre la strada alla mediazione iussu iudicis dinanzi alla stessa Corte. Qui risultano depositate già altre ordinanze del medesimo contenuto, segno di una scelta ben consapevole dell’utilizzo dello strumento mediativo.
Si tratta di un segnale molto importante dopo che, a partire dall’ottobre 2015, per prima la Corte di appello di Firenze aveva iniziato a disporre la mediazione in esito alla riforma del 2013, che ha trasformato l’invito del giudice a mediare in un corrispondente potere.
I dati statistici sulla mediazione demandata dal giudice in questi ultimi due anni segnano un incremento esponenziale dinanzi ai Tribunali, mentre tale opportunità è rimasta per lo più disattesa nelle Corti di appello, evidentemente meno inclini sinora al suo impiego.
La Corte milanese, che non ispira la sua scelta ad una finalità meramente deflativa, rileva come la norma che prevede tale facoltà anche in grado di appello «intende incentivare strumenti di risoluzione delle controversie preposti a facilitare l’accesso alla giustizia con l’assistenza di un mediatore qualificato al fine di promuovere una stabile composizione amichevole delle controversie e di ridurre i costi del contenzioso civile».
Peraltro, nel caso di specie, la Corte ritiene che non sussistano ostacoli all’esercizio di detto potere giudiziale in relazione ad una vicenda commerciale relativa alla cessione di crediti, «non apparendo sussistere significativi squilibri d’interesse tra le parti o particolari esigenze di ottenere un’interpretazione autorevole della legge o un precedente vincolante».
Con l’ordinanza in esame, i giudici d’appello ricostruiscono preliminarmente la vicenda, per consentire al mediatore di percepire i punti forti e quelli deboli della sentenza di primo grado. Appare utile rilevare poi come la questione sulla mediabilità della lite venga valutata alla prima udienza di trattazione, dedicata anche alla discussione delle istanze di sospensione, inammissibilità e di prove.
In via orientativa, pare infine che la Corte abbia ritenuto di disporre la mediazione solo per quelle liti “non filtrabili” (anche se in una causa è stata rinviata la decisione sull’inammissibilità all’esito della mediazione e ciò in relazione alla qualità delle parti e alla natura del giudizio). Nei casi ove vi sia l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza gravata, la decisione su di essa precede in ogni caso l’eventuale invio in mediazione. Marco Marinaro