ITALIA OGGI
Appalti, nuovo codice incoerente con lo Statuto del lavoro autonomo
L’art. 7 del ddl 2233, noto anche come Statuto del lavoro autonomo, è esplicitamente diretto a favorire l’accesso agli appalti di tutti i professionisti autonomi (rapporti di lavoro autonomo di cui al titolo III del libro quinto del codice civile). Lo chiarisce il comma 1: «Le amministrazioni pubbliche promuovono, in qualità di stazioni appaltanti, la partecipazione dei lavoratori autonomi agli appalti pubblici, in particolare favorendo il loro accesso alle informazioni relative alle gare pubbliche, anche attraverso gli sportelli di cui all’articolo 6, comma 1, e la loro partecipazione alle procedure di aggiudicazione». Tuttavia il nuovo codice appalti, approvato il 15 aprile scorso in via definitiva dal consiglio dei ministri, fa riferimento alle micro e alle piccole imprese (che però, proprio in quanto imprese, spesso individuali, sono comunque iscritte alla camera di commercio), ma non ai professionisti autonomi e freelance. Per esempio gli artt. 30 comma 7, 36 comma 1 e 41 comma 1, spingono ad assicurare l’effettiva partecipazione di microimprese, piccole e medie imprese agli appalti, nel rispetto delle disposizioni stabilite dal presente codice e dalla normativa dell’Unione europea. Confprofessioni ha chiesto che il nuovo codice degli appalti tenga conto dell’orientamento espresso nel ddl lavoro autonomo, contemplando espressamente la figura del lavoratore autonomo.