PROFESSIONI: Commercialisti, pronto un ricorso contro il fisco (La Repubblica – Affari e Finanza)

LA REPUBBLICA – Affari e Finanza
Commercialisti, pronto un ricorso contro il fisco
ALLA CATEGORIA NON VA PROPRIO GIÙ LA NUOVA RESPONSABILITÀ SULLE DICHIARAZIONI DEI REDDITI ATTRIBUITA DAL GOVERNO. IL PRESIDENTE LONGOBARDI: “LA PRIMA RICHIESTA DI RISARCIMENTO VERRÀ IMPUGNATA PER INCOSTITUZIONALITÀ”

Roma. Continua ad aumentare il numero di commercialisti, superando nel 2015 quota 116mila, nonostante le sempre maggiori responsabilità, e la mancata crescita del reddito medio, stabile sotto la soglia dei 60mila euro lordi l’anno. La domanda sorge quindi spontanea: come mai questa professione è ancora così attraente? «Il commercialista è un professionista che si adegua alla realtà – spiega Gerardo Longobardi, presidente nazionale del Cndcec, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili – per cui riesce a soddisfare le sempre mutevoli esigenze degli operatori economici e delle istituzioni in molti ambiti economico-legali». La molteplicità dei campi di intervento del commercialista è una peculiarità del sistema italiano, come sottolinea Longobardi: «in altri paesi i ruoli dell’Accountant (contabile), dell’Auditor (revisore dei conti), dell’esperto della Tax compliance (adempimenti fiscali) e della Tax litigation (difesa nei confronti del Fisco), così come dell’Insolvency (procedure concorsuali) e della Finance (finanza) sono svolti da professionisti appartenenti ad albi diversi, mentre da noi è sempre il commercialista ad erogare questi servizi, e questa è una delle circostanze che spiega la numerosità significativa di questi professionisti in Italia». Inoltre il commercialista italiano ha come clienti non solo i privati, ma anche le pubbliche amministrazioni, in quanto svolge in diverse circostanze una funzione pubblica nell’interesse della collettività: da membro delle Commissioni tributarie, dove si risolvono le controversie tra contribuenti e Agenzia delle Entrate, a curatore o commissario giudiziale nominato dal Tribunale nel quadro delle procedure concorsuali. La diversificazione delle attività professionali ha però diverse conseguenze. La prima di queste è la necessità di associarsi: «La molteplicità degli ambiti d’intervento – ammette il presidente del Cndcec – rende impossibile occuparsi di tutto, e dato che i clienti possono richiedere di volta in volta servizi diversi, la capacità di rispondere sempre alle variabili esigenze della clientela, è un elemento di competitività importante. Ed in questa ottica che personalmente trovo opportuno associarsi in studi, anche con professionisti di albi diversi, come i legali». Un effetto della diversificazione, come sottolinea Paolo Moretti, presidente dell’Istituto per il Governo societario, è l’incremento delle responsabilità: «Le numerose norme che si sono succedute negli ultimi anni hanno creato incertezze, come nel caso del 730 precompilato dall’Agenzia delle entrate a partire dal 2015, per il quale si prevede che i commercialisti, in caso di errori per mancato controllo della dichiarazione sulla quale hanno apposto il visto di conformità, rispondono direttamente per le maggiori imposte, le sanzioni e gli interessi, sollevando automaticamente il contribuente assistito». «Questo recente ampliamento della responsabilità del professionista è per noi inaccettabile – dichiara Longobardi – e siamo pronti, quando vi sarà il primo caso di richiesta economica da parte del fisco nei confronti di un commercialista per effetto di questa responsabilità, di impugnarla per incostituzionalità, essendo incompatibile con gli articoli 23 e 53 della Costituzione». La responsabilità non è prevista solo verso il fisco, ma anche verso i propri clienti. «L’art. 5 del Dpr 137/2012 ha introdotto l’obbligatorietà dell’assicurazione per i danni derivanti dall’esercizio dell’attività professionale – rammenta Moretti – che costituisce una voce di costo non banale, quantificabile in diverse migliaia di euro l’anno». Un’ulteriore conseguenza della diversificazione delle attività professionali è la necessità di aggiornarsi, che costituisce un obbligo legale (ex art. 7 del Dpr 137/2012), come segnala Maurizio Fattaccio, presidente di Telos, la fondazione studi dell’Ordine di Roma: «La necessità di partecipare a corsi e seminari per l’acquisizione dei crediti formativi è assolutamente utile per mantenere aggiornate le proprie competenze, ma questo comporta non solo per i singoli professionisti un impegno gravoso, ma anche per gli ordini territoriali una gran mole di lavoro in termini di organizzazione e accreditamento dei percorsi formativi». La tendenza ad ampliare l’ambito di intervento è destinata a continuare, assicura il presidente dei commercialisti: «Se da una parte è da attendersi il mantenimento dell’importanza dell’assistenza fiscale, vista la necessità di cassa dello Stato, e della revisione legale dei conti, dall’altra crescerà il rilievo di attività come la gestione della crisi di impresa e dei connessi processi di risanamento, e del supporto all’internazionalizzazione delle imprese. In quest’ultimo ambito il Consiglio nazionale ha avviato iniziative informative insieme alle autorità pubbliche competenti». Massimiliano Di Pace

Foto del profilo di Andrea Gentile

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