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Giustizia: penalisti bocciano report, dati solo 35% tribunali
(ANSA) – ROMA, 1 SET – “Assoluta modestia del dato di rilevazione costituito solo dal 35% dei tribunali”, “natura del tutto casuale della ‘selezione’ del campione”, assenza di “dati omologhi” relativi agli anni precedenti per fare una comparazione statistica. E ancora, sovrapposizione tra dati relativi ai casi singoli di indagati-imputati e quelli relativi ai procedimenti in cui più soggetti possono essere coinvolti e quindi destinatari di provvedimenti cautelari. E’ una bocciatura quella pronunciata dai penalisti sulla prima relazione ministeriale presentata al Parlamento sulle misure cautelari personali. L’Unione camere penali, presieduta da Beniamino Migliucci, ha analizzato i dati e predisposto un documento nel quale parla di “occasione mancata” di fare emerge dati ed “abusi” nell’utilizzo della custodia cautelare in carcere. I penalisti ricordano che l’introduzione del monitoraggio era stata “fortemente voluta” dall’ex viceministro alla Giustizia, Enrico Costa, ma benché sia un obbligo di legge, solo il 35% dei tribunali interpellati ha risposto.
“L’abuso della custodia cautelare – sottolinea il segretario dell’Ucpi Francesco Petrelli – rappresenta una violazione dei diritti delle persone, si traduce in una forma di pena anticipata, aumenta il sovraffollamento carcerario ed è un costo per lo Stato per gli esborsi milionari per i risarcimenti per ingiusta detenzione”. Una cifra pari a oltre 600 milioni di euro a partire dal 1992, ricorda il documento dei penalisti.
“La quantità di dati, proveniente solo da 48 tribunali, è assolutamente esigua, eppure nel report – prosegue Petrelli – nulla si dice sul perché il 75% dei tribunali non abbia risposto alla richiesta del ministero sottraendosi di fatto a quello che è un obbligo di legge. Né, a parte Napoli, si sa quali siano i tribunali. Difficile dire, quindi, se il campione sia rappresentativo. Ciò nonostante emerge che il numero di assoluzioni cumulato con altre forme di proscioglimento, come il non luogo a procedere o l’esiguità del fatto, è pari a 198. Posto che questo stesso numero va rapportato solo a una parte minima di uffici giudiziari, in ogni caso ci troviamo di fronte a circa 200 casi in cui è stato applicato il carcere a soggetti poi assolti o prosciolti”, casi, quindi, di “potenziali ingiuste detenzioni”. Dubbi anche sull’applicazione del braccialetto elettronico, “sul cui numero la relazione tace, mentre da avvocati sappiamo che anche quando il giudice lo dispone, per lo più non viene applicato perché non ci sono i dispositivi”. I penalisti rilevano poi un aspetto che ritengono un “vizio di origine”: “Le valutazioni statistiche – è la loro analisi – non prendono in esame il numero delle misure cautelari personali ponendolo in relazione al numero di indagati/imputati, bensì al numero di procedimenti. Il numero dei procedimenti iscritti nel 2015 nei 48 uffici presi in considerazione (3.743) sta così a fronte di un numero assai maggiore di misure cautelari (12.959) adottate in quello stesso anno: non è dato sapere conseguentemente quale è il numero esatto degli imputati e degli indagati in percentuale raggiunti da misure cautelari personali, ma solo il numero dei procedimenti nei quali le suddette misure sono state emesse”. (ANSA).