CORRIERE ECONOMIA
Riforme. Le proposte del Colap in vista dello Statuto
Lavoro autonomo. «Vogliamo più tutele e sono a costo zero»
Alessandrucci: voucher perla maternità, sgravi fiscali e tetti rivisti perla formazione
La valutazione è certamente positiva. Il disegno di legge per la riforma del lavoro autonomo ha incontrato quasi unanimi valutazioni favorevoli.
Il mondo delle partite Iva apprezza la ratio e l’obiettivo del provvedimento che è quello di costruire anche per i lavoratori autonomi un sistema di diritti e di welfare moderno capace di sostenere il presente e di tutelare il futuro. Questo però non mette il decreto al riparo da qualche imperfezione e qualche aggiustamento. Attualmente il testo è fermo alla commissione Lavoro del
Senato. Ciò che trapela è un dato di bilancio: per questa riforma è stato preventivato un investimento di circa 50/60 milioni di euro. Non molti e certamente non sufficienti a varare una serie di riforme che richiedano impegni economici sostanziosi.
A costo zero
«Per questo abbiamo deciso di presentare un testo con una serie dì proposte di emendamenti a costo zero-spiega Emiliana Alessandrucci, presidente del Coordinamento libere associazioni professionali -. Le tutele che chiediamo di perfezionare sono le basilari: malattia (anche lunga e oncologica) e indennità di maternità; paternità, questo per ricondurre il sistema ad una maggiore equità».
La consapevolezza di avere poco budget per le riforme molto incisive, ha spinto il Colap a presentare un documento basato soprattutto su emendamenti che riducono o annullano i costi a carico della finanza pubblica, sperando poi nella delega fiscale-previdenziale.
Primo punto in agenda, una modifica della regola prevista per i congedi parentali. «Pur esprimendo parere favorevole sulle previsioni relative ai congedi parentali – sostiene Alessandrucci – riteniamo, tuttavia, che non si debba pensare alle tutele del lavoratore autonomo semplicemente applicando le regole valide nel lavoro dipendente. Se così sarà, le misure previste nel testo saranno, di fatto, inutilizzabili da parte del libero professionista che, verosimilmente, non potrà permettersi di astenersi dal lavoro per un lungo periodo senza perdere clientela e professionalità. Andrebbero previste delle tutele congeniali alle esigenze del lavoratore che potenzialmente potrà usufruirne, quindi il corrispettivo economico del congedo potrebbe essere richiesto per pagare servizi come: babysitteraggio, rette per gli asili d’infanzia o persino l’utilizzo dei voucher».
Burocrazia e appalti
Per accedere agli appalti pubblici i lavoratori autonomi vengono classificati attraverso i codici Ateco che definiscono le attività economiche.
Si tratta di codici che classificano anche gli adempimenti fiscali dei professionisti per poter accedere anche ad appalti pubblici.
Il punto è che ci sono categorie di lavoratori autonomi che non hanno alcun codice che definisca la loro attività e questo quasi sempre li taglia fuori dagli appalti pubblici. «Noi proponiamo -afferma il presidente Colap- di dare mandato al ministro dello Sviluppo economico, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della nuova legge, di rivedere i codici prevedendo una classificazione delle attività economiche suddivisa per macroaree produttive. Chiediamo inoltre al ministero della Funzione pubblica, in attesa della revisione dei codici, di informare tutte le stazioni appaltanti affinché il riferimento all’attività professionale richiesta nel bando pubblico non sia identificata unicamente dal codice».
Resta favorevole invece il parere sull’opportunità di dedurre al 100% i costi della formazione, anche se la soglia dei 10mila euro l’anno è considerata molto elevata e introdurrebbe il rischio di essere utilizzata con «forzature» o comunque dai professionisti con grandi volumi di affari. «La nostra proposta
– conclude Alessandrucci- è quella di sostituire le seguenti parole «limite annuo di 10mila euro» con «limite triennale di 10mila euro». E poi sostituire
la frase «entro il limite annuo di 5.000 euro» con «entro il limite triennale di 5.000 euro».