LA REPUBBLICA – Affari e Finanza
Nel nuovo Codice appalti le speranze degli ingegneri
CON L’INIZIO DELLA CRISI QUESTA CATEGORIA È ENTRATA IN SOFFERENZA: IL REDDITO MEDIO È INFATTI IN CONTINUA RIDUZIONE MENTRE CRESCE IL NUMERO DEGLI ISCRITTI. MOLTI ESPULSI DAL LAVORO DIPENDENTE STANNO PROVANDO A SVOLGERE LA LIBERA PROFESSIONE
Roma. La speranza è nel nuovo Codice degli appalti. Da lì potrebbe arrivare una spinta alla professione di ingegnere. Con l’inizio della crisi questa categoria è entrata in sofferenza: il reddito medio è infatti in continua riduzione. Tutto questo mentre cresce il numero degli iscritti al Consiglio nazionale. Sembrerebbe un’anomalia: perché tanti cercano di fare una professione che rende sempre di meno? Il fatto è, come spiegano dal Cni, che la crescita degli ingegneri professionisti è dovuta sostanzialmente a persone con più di 35 anni, che evidentemente lavoravano, e una volta usciti dall’azienda hanno provato a rientrare nel mondo del lavoro attraverso la libera professione. D’altronde il numero di giovani ingegneri (con meno di 35 anni) neoiscritti a Inarcassa (l’ente previdenziale degli ingegneri) è in forte calo: dai 4mila del 2005 ai 2.700 del 2014. Tale squilibrio generazionale, oltre a essere un segnale di malessere del sistema economico, costituisce un serio rischio per l’equilibrio previdenziale di Inarcassa, perché presto si avranno molti pensionati e pochi iscritti. Ma quanti sono oggi gli ingegneri? Secondo il Cni operano in Italia circa 400mila ingegneri, ma quelli iscritti all’albo sono poco più della metà: 238mila. Di questi, sono in 103mila a svolgere la libera professione, ma sono solo in 78mila quelli che si dedicano interamente al studio, essendo i restanti lavoratori dipendenti che svolgono anche attività libero- professionale. Pertanto, vi sono iscritti all’ordine professionale che non effettuano la libera professione. «La ragione – spiega Armando Zambrano, Presidente del Cni – è che molti ingegneri si iscrivono all’ordine sia per un senso di appartenenza, sia per avere una forma di sicurezza, poiché, in caso di cessazione del lavoro dipendente, possono così avere una nuova fonte di reddito». Lo conferma Marco Pugliese, un ingegnere iscritto all’ordine che lavora in una società municipalizzata: «Subito dopo la laurea mi iscrissi all’ordine sia perché ancora non sapevo quale carriera avrei intrapreso, sia perché in molti concorsi pubblici l’iscrizione è un requisito, se poi si deve svolgere l’attività di direzione dei lavori o di collaudo». Di certo, rispetto al 2000, il numero di ingegneri che esercitano la libera professione è raddoppiato: da 55mila ai 103mila attuali. Al tempo stesso, però, il fatturato complessivo di tutta la categoria è passato dai 2,5 miliardi di euro del 2000 ai 3 miliardi nel 2014, raggiungendo il massimo di 3,7 nel 2008, l’ultimo anno prima della crisi economica. Dunque, se in 15 anni il fatturato è cresciuto del 20%, il numero di professionisti è aumentato di quasi il 100%. Questa dinamica insoddisfacente del business si è riflessa inevitabilmente sul reddito medio: dai 40mila euro lordi guadagnati nel 2008 si è passati ai 32mila del 2014. «Il motivo di tale decrescita – chiosa Zambrano – è che da diversi anni è crollato il settore civile, ossia l’edilizia e le infrastrutture, e i nuovi settori di intervento degli ingegneri, come l’ambiente, il risparmio energetico, gli impianti industriali, l’informatica, la sanità, non sono stati sufficienti a rimpiazzare il business derivante dalle costruzioni». Oltre che dal blocco degli investimenti dovuti alla crisi economica, il calo del reddito degli ingegneri è stato determinato anche dall’eliminazione delle tariffe professionali, come ci tiene a ribadire il Presidente del Cni: «La cancellazione delle tariffe minime nel 2006, e la loro definitiva scomparsa con la legge 148/2011, hanno acuito il problema reddituale. E se da una parte il ruolo dell’ingegnere è riconosciuto da riserve di legge, che richiedono la sua firma per la validità dei progetti, dall’altra diverse norme complicano la sua attività, sia imponendogli molti atti burocratici, sia obbligandolo a scelte tecniche non sempre necessarie». Come uscire da questa situazione di difficoltà? «Come abbiamo segnalato ai rappresentanti delle forze politiche nell’assemblea nazionale che si è tenuta a Bologna il 4 marzo, sarebbe utile ripristinare le tariffe professionali – dichiara Zambrano -. Inoltre, vorremmo che si attivasse una semplificazione normativa, lasciando ad organismi privati come l’Uni la decisione di standard tecnici oggi definiti da norme. Per ultimo, preferiremmo che i contenziosi con i committenti per i mancati pagamenti potessero essere decisi dai Tribunali del lavoro, più celeri di quelli ordinari». La scommessa è comunque sul fronte della formazione: «Da alcuni anni – conclude il Presidente del Cni – abbiamo creato, insieme al Copi, la Conferenza dei presidi di Ingegneria, un’agenzia, denominata Quacing, per accreditare i corsi di laurea in Ingegneria, così da renderli più adeguati alle esigenze del mondo del lavoro. E’ invece partita da poco un’altra Agenzia, la Certing, che avrà, una volta sottoscritti accordi con Uni e Accredia, il ruolo ufficiale di certificare le competenze degli ingegneri». Massimiliano Di Pace