PROFESSIONI: Nulla di fatto per i revisori locali (Italia Oggi)

ITALIA OGGI

Se ne parlerà nell’assemblea nazionale e nel convegno annuale Ancrel di Oristano
Nulla di fatto per i revisori locali
Il dl enti non ha risposto ai problemi della categoria

Come volevasi dimostrare. Il decreto enti locali del 4 agosto scorso, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 195 del 22 agosto 2016, non ha riportato nessuna modifica normativa riguardante i revisori degli enti locali. «Non mi sento di dare garanzie», aveva detto il ministro Enrico Costa al convegno di Roma del 21 giugno scorso organizzato dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, «che queste vostre richieste verranno tutte recepite nel prossimo decreto enti locali». Risultato: nessuna. Tutti sono d’accordo, ministro compreso, che le modifiche andrebbero apportate subito, ma non c’è spazio nel decreto. E sì che ormai sono state ben digerite, visto che è un bel po’ di tempo che se ne parla. Così come se ne è discusso in occasione dell’ultimo Comitato esecutivo nazionale Ancrel tenutosi a Bologna il 5 settembre scorso, che ha rianalizzato le osservazioni emerse dal Consiglio nazionale di Roma tenutosi a maggio.
Revisori alla prima esperienza. Sul fatto di inserire un revisore (normalmente un giovane) alla prima esperienza nella terna del collegio, anziché, come avviene adesso, riservandogli il ruolo di revisore unico nei comuni di prima fascia con popolazione inferiore ai 5 mila abitanti, non tutti sono d’accordo. La preparazione è insufficiente e quindi necessario aumentare per chi si approccia per la prima volta a questa professione, le ore di formazione obbligatorie da 10 a 30. In futuro si potrebbero utilizzare, per i nuovi iscritti, le nuove Scuole di alta formazione (Saf), istituite di recente dagli ordini dei commercialisti con un corso specifico di 200 ore.
Possibilità di essere incaricato anche dopo due mandati. È la modifica più semplice da realizzare. Basta inserire nell’articolo 235 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (Tuel), l’avverbio «consecutivamente» e si ovvierebbe al problema di impedire ai revisori degli enti locali di svolgere incarichi a vita nello stesso ente dopo due mandati, essendo sufficiente un intervallo di tre anni. Ma potrebbe essere introdotta anche una modifica che preveda la facoltà al consiglio comunale di confermare l’incarico al revisore o ai revisori dopo il primo triennio di mandato, senza passare dall’estrazione. E ancora, per salvaguardare l’esperienza di molti colleghi che hanno svolto per anni questo ruolo, si potrebbe riservare al consiglio comunale la nomina del presidente del collegio o del revisore unico scelto dalla rosa dei nominativi estratti sulla base dei loro curriculum, meglio ancora se con certificazione di qualità.
Unione di comuni. No al revisore unico per tutti i comuni facenti parte dell’unione che non hanno trasferito tutte le funzioni fondamentali.
Funzioni del revisore. È necessario un riordino delle funzioni. Si è passati dal nulla o quasi, a chiedere pareri e attestazioni su tutto. In altri paesi europei si punta più alla verifica da parte della Corte dei conti, quale organo di controllo, eccetto che in Gran Bretagna, dove si affida la certificazione dei conti a professionisti esterni. La questione è: i controlli hanno un senso se effettivamente eseguiti con competenza e per valutare ciò, i questionari siquel che vengono inviati alla Corte, non dovrebbero essere una mera ripetizione di dati, ma un sistema di raccolta per effettuare un controllo incrociato con altre banche dati e attestare anche la qualità della verifica. Ci sono, poi, attestazioni e verifiche che vanno eliminate perché inutili, introdotte via via con vari decreti negli anni scorsi, quando c’era la frenesia della spending review.
Algoritmo di estrazione. Da più parti giungono voci che c’è un «errore» sull’algoritmo adottato dal programma del ministero dell’interno utilizzato dalle prefetture per l’estrazione dei nominativi dei revisori. Sarebbe utile che qualcuno del ministero lo verificasse e ponesse fine al dubbio, magari con un comunicato. Società partecipate da enti locali. È strano come ci si sia preoccupati dell’indipendenza del revisore negli enti locali e non si sia mai riusciti a modificare le modalità di nomina, invece, dell’organo di controllo delle società partecipate dagli stessi, cercando di «sganciare» il collegio sindacale dall’organo amministrativo, che viene sempre nominato dal socio ente locale. Dai recenti fatti di cronaca, peraltro, le società a partecipazione pubblica, e in particolare quelle partecipate da enti locali, sono sotto l’occhio del mirino da parte dei media, per gestioni molto spesso «leggere» che hanno comportato a volte risultati disastrosi. Il nuovo Testo unico sulle società partecipate pubbliche, di imminente emanazione, della diversa nomina dei componenti dell’organo di controllo, non ne fa cenno. Occasione sprecata.
Compensi. Il fatto che non siano previsti nel decreto del 2005 (mai aggiornato, ancorché per legge sia previsto un adeguamento triennale) i compensi minimi, ha dato luogo a molte strumentalizzazioni da parte di comuni che per incentivare il revisore «scomodo» a dimettersi hanno proposto o addirittura ridotto in corsa i compensi ad importi ridicoli. La questione va risolta con la massima urgenza, perché se da una parte i comuni hanno diritto ad avere revisori che non rallentino l’attività amministrativa, dall’altra non possono pretendere di avvalersi di professionisti competenti che vengono pagati meno che un idraulico. C’è anche la proposta di ridurre la maggiorazione spettante al presidente del collegio al fine di ripartirne l’importo differenziale con gli altri componenti. Il rischio è che si verifichi solo la riduzione, senza la ripartizione in aumento per gli altri componenti. Se così fosse, meglio lasciare le cose come stanno.
Una riflessione finale. Perché tutti concordano sulle proposte di modifica alla legge sulle norme di nomina e funzionamento dell’organo di controllo degli enti locali e delle società partecipate dagli stessi, ma la politica non fa nulla? Forse perché non siamo capaci di rapportarci con la politica nella maniera giusta? E infine, dobbiamo fare autocritica. Non possiamo, noi commercialisti, esser contenti di soddisfare i colleghi con l’acquisizione dei crediti formativi attraverso l’e-learning, solo perché magari è gratuito. Non si formano i revisori degli enti locali in questo modo. Dobbiamo, invece, cambiare marcia e proporci in modo diverso alla politica, chiedendo che venga riconosciuto il nostro lavoro con un compenso adeguato. Massimo Venturato

Foto del profilo di Andrea Gentile

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