ITALIA OGGI
Appuntamento a Roma per la VII edizione della manifestazione dal 30 giugno al 2 luglio
Poche ore al Festival del lavoro
È tutto pronto per iniziare a parlare dell’Italia del Futuro
Più volte Papa Francesco ha evidenziato l’importanza di una cultura imprenditoriale responsabile e inclusiva che si occupi, da un lato, di aumentare produttività e generare ricchezza e, dall’ altro, di creare opportunità per vivere onestamente. C’è ancora molto da fare per garantire a sempre più ampie fasce di popolazione «l’accesso al lavoro»: il primo fattore di diseguaglianza sociale e di inibizione della crescita sociale ed economica.
Un Paese ingiusto, non a caso, cresce meno di un territorio in cui sia possibile l’accesso alla conoscenza ed alle opportunità, a prescindere dal ceto sociale di provenienza. «Investire sulle politiche attive e sulla qualità del lavoro per ridurre le diseguaglianze sociali e creare le condizioni per un maggiore sviluppo», è il messaggio di questa settima edizione del Festival del Lavoro (Roma, 30 giugno–2 luglio), dal titolo evocativo «La fatica nelle mani. Lavoro, famiglia e futuro». Un titolo che riprende un prezioso contributo editoriale pubblicato dalle Edizioni San Paolo e consegnato a Papa Francesco. «Il contenimento del costo del lavoro», commenta Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, «ha dimostrato che questa è una delle vie maestre per riavviare l’economia. Un messaggio da tempo sostenuto in ogni sede legislativa dai Consulenti del lavoro per favorire l’occupazione. Solo attraverso la costante inclusione nel mondo del lavoro è possibile sostenere quella lotta alla povertà da tempo oggetto di riflessione condivisa a diversi livelli della società: dalla Chiesa alle più laiche istituzioni europee. Anche l’Ocse, infatti, nel suo ultimo rapporto, ha dimostrato la relazione tra diseguaglianza e mancata crescita: un paese ingiusto cresce meno di un territorio in cui sia possibile l’accesso alla conoscenza e alle opportunità». Pensare, tuttavia, che le politiche attive da sole bastino sarebbe un errore. Serve una nuova politica economica che metta all’apice delle sue priorità gli investimenti pubblici: per riqualificare le periferie, per portare a compimento le grandi opere incompiute, per dotare il Paese di quelle infrastrutture tecnologiche in grado di far competere le nostre aziende anche a livello internazionale. «In questo senso», continua la presidente, «l’Ue deve rappresentare un’opportunità per creare le condizioni di una ripresa stabile mettendo in campo tutte le risorse possibili o, più semplicemente, allentando i vincoli di bilancio ogni qual volta un paese, a cominciare dall’Italia, dimostri con azioni concrete di combattere le disuguaglianze e la povertà attraverso quelle politiche attive che partono dagli investimenti e finiscono con l’inclusione sociale».