PROFESSIONI: Pressing per le politiche attive (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Festival del lavoro. Aperta ieri a Roma la tre giorni di confronto sull’occupazione organizzata dai consulenti del lavoro
Pressing per le politiche attive

Roma. «Vanno fatte le politiche attive perché nel nostro Paese non si son mai fatte. Ci sono solo piccolissime esperienze a livello regionale ma a livello nazionale forse l’unica strutturata è Garanzia giovani». Così il ministro del Lavoro , Giuliano Poletti, intevenuto ieri alla tavola rotonda inaugurale del Festival del lavoro. Poletti ha sottolineato la necessità di un cambio di passo, auspicando che «l’Italia diventi il Paese che promuove le opportunità perché di fronte ad esse il cittadino si gioca la sua partita: questa è la scelta che abbiamo fatto».
«Occorre cambiare la mentalità degli italiani – ha replicato Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro – perché una società che per anni si è basata sulle politiche passive, sul mantenimento del posto e del reddito, deve imparare a mettersi in gioco».
Ma i tempi di implementazione di nuovi strumenti delle politiche attive, previsti dal Dlgs 150/2015 non saranno brevi. La piena operatività dell’Agenzia nazionale per le politiche attive (Anpal) non si avrà prima di gennaio 2017, ha affermato Salvatore Pirrone, direttore generale del ministero del Lavoro e direttore designato dell’Agenzia, perché le procedure di trasferimento del personale (da ministero e Isfol) e di bilancio non consentono diversamente. Nel frattempo si sta già lavorando e uno dei tasselli più importanti, cioè l’assegno di ricollocazione, il quale potrebbe essere messo a punto entro novembre. Il tutto con l’incognita del referendum costituzionale, che prevede il trasferimento di alcune competenze dalle Regioni allo Stato. Se la riforma non dovesse essere promossa, il nuovo sistema delle politiche attive potrebbe dover essere rimesso in discussione.
Invece, per quanto riguarda il futuro del modello di rappresentanza sindacale, su cui da tempo stanno lavorando governo e parti sociali «siamo arrivati a definire il campo della discussione – ha fatto il punto Bruno Busacca, responsabile della segreteria tecnica del ministro del Lavoro – per poi entrare nel merito degli argomenti da trattare. Il clima è di confronto vero, poi quando ci sarà la stretta finale si arriverà alle valutazioni». Secondo Marco Gay, vicepresidente di Confindustria e numero uno dei giovani imprenditori, «a questo punto va formulato un perimetro di regole chiare per poi approfondire la discussione con i secondi livelli: tutte cose necessarie e sul tavolo. Legare il salario alla produttività è un buon punto di partenza: oggi i cambiamenti in atto dicono che sul secondo livello si può ragionare. Abbiamo bisogne di regole certe, che possono trovare solo i corpi intermedi». Che il clima si sia rasserenato lo ha confermato anche il segretario confederale della Cgil, Franco Martini: «Partecipiamo senza pregiudizi sul tema oggetto del confronto – ha detto – ma direi al governo di lasciare lavorare le parti sociali perché quella in discussione è materia nostra». Per Busacca, però, il pacchetto complessivo sulla rappresentanza dovrebbe essere composto in tempo utile per inserirlo nella legge di Stabilità 2017, «altrimenti dovremo trovare un contenitore diverso per chiudere prima del 2017».
Un altro argomento all’ordine del giorno è stato quello sulle tutele crescenti, con al centro il nuovo contratto a tempo indeterminato che ha cambiato il regime del licenziamento dando più certezze alle imprese sugli indennizzi. «Il giudice – ha chiarito il presidente del Tribunale del lavoro di Roma, Paolo Sordi – ora non esercita alcuna discrezionalità perché l’indennizzo è matematicamente determinato. Le aziende – ha messo in guardia il magistrato – si devono meritare questa riforma: se pensano di licenziare per 5 minuti di ritardo o senza motivo, sicuramente ci sarà una reazione da parte della giurisprudenza. Verrà trovato il sistema per applicare la reintegra anche in questi casi». Diverso il parere del senatore Pietro Ichino, secondo cui «il giudice esprime la sua valutazione esattamente come prima: non cambia nulla su cosa deve succedere perché un lavoratore sia licenziato, ma solo la sanzione nel caso di recesso illegittimo». Mauro Pizzin Matteo Prioschi

Foto del profilo di Andrea Gentile

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