ITALIA OGGI SETTE
La mappatura della situazione italiana effettuata dal Dipartimento delle politiche europee
Professioni senza barriere, l’Ue punta sulla deregulation
lun.13 – I professionisti devono poter circolare all’interno dell’Unione europea come se fossero dei commercianti. Ecco perché le limitazioni, in termini normativi, devono essere ridotte al minimo. Affinché questo sia possibile, però, è necessario che le normative nazionali relative ai percorsi formativi e alla regolamentazione delle singole attività siano quanto più possibile armonizzati.
Ma quante e quali sono le professioni in Italia? E in che modo è possibile agire su di esse? Sono questi i quesiti a cui il Dipartimento per le politiche europee presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, su indicazione della Commissione Ue, ha provato a dare risposta attraverso il Piano nazionale di riforma delle professioni, una vera e propria mappatura della situazione italiana, con tanto di strategie di riforma annesse per alcuni settori. Un’operazione che nasce dalla direttiva 2013/55/Ue che ha introdotto il cosiddetto «esercizio di trasparenza», che ha portato l’Italia, così come gli altri paesi Ue, a condurre uno screening di tutta la regolamentazione nazionale relativa alla professioni al fine di valutare se effettivamente tale regolamentazione sia non discriminatoria, proporzionata e basata su un motivo imperativo di interesse generale. Presupposto di tale screening è stata l’attività condotta in collaborazione con tutte le amministrazioni di interessate, per l’aggiornamento nazionale delle professioni regolamentate, collegato al date base della Commissione Ue. Un documento, quindi, che si è reso necessario anche alla luce del fatto che la definizione di «attività professionale» in Europa fornisce un quadro estremamente variegato: alle professioni regolamentate nella forma ordinistica, infatti, si affiancano nuove professioni regolamentate attraverso certificazioni o accreditamenti.
L’assunto che muove le fila è quello di valutare una possibile deregolamentazione dei servizi professionali, giudicati ancora troppo chiusi e, quindi, ostacolo della libera circolazione dei professionisti nell’Europa dopo il Trattato di Schengen. «In Ue, per esempio», ha spiegato Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, che ha preso parte al Forum del Mercato unico, che si è svolto il 18 maggio a Bruxelles, «ci sono i fioristi e i florovivaisti, gli agopunturisti e i chiropratici, i riparatori di biciclette e i rilegatori di libri, i buttafuori delle discoteche e gli steward degli stadi sportivi, i pescatori e i portuali, i camionisti e i calzolai, i gruisti e gli organisti. Ogni stato, quindi, ha le sue professioni e ognuna di queste ha la sua legge e il suo percorso formativo. Nel database delle professioni regolamentate della Commissione», ha sottolineato Stella, «se ne contano ben 589 e se a queste si aggiungono quelle non regolamentate il numero sale a quota 5.500. Un esercito di circa 50 milioni di persone che muove un giro d’affari di oltre 500 miliardi di euro». Un quadro che rende quanto mai indispensabile conoscere il più precisamente possibile la situazione italiana, nella prospettiva di un costruttivo confronto tra stati. Allo stato attuale, infatti, dopo che ciascun paese ha depositato il proprio report, è stata avviata la fase di consultazione tra stati, nel corso della quale ciascun paese, al fine di trovare le linee di indirizzo per poter deregolamentare ancora, dovrà andare a controllare la situazione presso almeno tre stati differenti. «È indispensabile lavorare nei prossimi mesi», ha spiegato Stella a ItaliaOggi Sette, «affinché troviamo dei punti in comune tra paesi per non trovarci dei profili professionali che non siamo in grado di gestire. Pur nel garantire la libertà di circolazione, non possiamo correre il rischio di avere a che fare con dei soggetti che esercitano nel nostro paese una attività senza essere sicuri del percorso formativo che hanno alle spalle. Non possiamo sacrificare sull’altare della liberalizzazione, il valore dei nostri professionisti». Beatrice Migliorini