LA REPUBBLICA – Affari e Finanza
Troppi psicologi, ma c’è la nicchia delle imprese
L’APPELLO DELL’AUPI AI GIOVANI CHE VOGLIONO ISCRIVERSI: “NON CI SONO AL MOMENTO PROSPETTIVE DI LAVORO”. MANCA SOPRATTUTTO IL RACCORDO CON APPLICAZIONI CONCRETE CHE SI POSSONO TROVARE NELLA SOCIETÀ
Milano. «Giovani maturandi che vorreste diventare psicologi, fate altro. Qui il lavoro scarseggia». Suona più o meno così l’appello lanciato nei giorni scorsi dall’Aupi (Associazione unitaria psicologi italiani) ai giovani che dopo gli esami di maturità si avviano verso gli studi universitari. Un invito che non suona come una difesa delle posizioni acquisite nel timore di nuovi concorrenti, ma piuttosto come un grido d’allarme per la difficile situazione che caratterizza il mercato del lavoro in questo settore. «Non vogliamo una società di illusi», scrive nella missiva il segretario generale Aupi, Mario Sellini. «Evitiamo il lungo calvario che molti affrontano per iniziare questa professione, raggiungendo comunque risultati scarsissimi e rischiando un futuro di disoccupazione». L’Aupi ricorda che «la società odierna ha fame di psicologia», ma ricorda che la proporzione di uno psicologo ogni 600 abitanti è eccessiva. L’ordine nazionale conta 100mila iscritti, mentre quelli che aderiscono all’Enpap, la cassa di previdenza della categoria, sono appena 51mila. Insomma, solo la metà è attivo. Riconosce l’eccesso di professionisti sul mercato Gianni Brighetti, professore Associato di Psicologia Generale della Sigmund Freud University di Milano, che al contempo indica possibili vie d’uscita. «La prospettiva occupazionale del laureato in psicologia in Italia è molto difficile a causa di scelte formative deleterie da parte di molte Università. La prima costituita da un accesso ai numerosi corsi di studio eccezionalmente ampio; la seconda, strettamente legata alla precedente, rappresentata dalla difficoltà di fornire agli studenti nozioni pratiche e forme di tirocinio curriculare capaci di fornire strumenti necessari alle diverse attività professionali». Insomma, le maglie di accesso a questi programmi formativi sono troppo ampie rispetto alle richieste del mercato e gli strumenti offerti non possono essere adeguati. Problemi ai quali la Sigmund Freud University di Milano, stabilendo un tetto massimo di 50 iscritti per anno di corso e introducendo nell’ultimo anno della magistrale sei mesi di tirocinio curriculare obbligatorio. Il programma formativo dell’ateneo, che ha l’headquarter a Vienna e nella sede milanese offre lauree riconosciute automaticamente in Italia, prevede due corsi di laurea in Psicologia: il triennale e il magistrale con indirizzo clinico. Per Brighetti, è fondamentale che la formazione tenga il passo dell’evoluzione in atto nel mercato, andando anche a esplorare nuovi campi rispetto a quello tradizionale della salute mentale. «E’ fondamentale integrare i percorsi in questo campo con altre competenze (negli ambiti informatici, biologi, medici, economisti) in modo da mettere gli studenti nelle condizioni di ‘inventarsi il lavoro’. È per questo», aggiunge, «che dal prossimo anno offriremo un corso di Cultura di impresa e startup digitali, per avviare gli studenti alla comprensione di un modo nuovo di utilizzare le conoscenze della mente e del comportamento umano a vantaggio delle comunità e dei soggetti con disagio psichico». Luigi Dell’Olio