ITALIA OGGI
Tutti d’accordo: così non si può più andare avanti
Quando il pullman parte non è ancora giorno. Direzione Roma. Manifestazione di protesta dei commercialisti. Siamo una trentina. Due ordini locali hanno organizzato la trasferta. Facce un po’ assonnate ma idee chiare. Così non si può più andare avanti. Troppi adempimenti, troppa pressione addosso. Con i clienti che non capiscono quanto impegno c’è dietro ad ogni singolo adempimento tributario.
L’abbigliamento del commercialista che per la prima volta scende in piazza, è comunque professionale seppur sobrio. Qualcuno non ha saputo rinunciare alla cravatta altri hanno optato per un look meno impegnativo e più adatto per la trasferta. Stessa cosa per le commercialiste. Professionali ma in formato smart, come si dice oggi.
Durante il viaggio si scambiano opinioni. La professione che cambia di continuo e un futuro difficile da interpretare. Tutti comunque convinti che sia giunto il momento di contarsi, farsi vedere, provare a dire la nostra, tutti insieme, in una piazza di Roma.
Verso le otto della mattina i cellulari cominciano a farsi sentire. I primi problemi quotidiani in studio, qualche cliente in apprensione, le cose di tutti i giorni. Intanto Roma si avvicina e con essa l’attesa per le parole che verranno dette sul palco e per la risonanza e l’eco che potranno avere sulla politica in particolare e sull’opinione pubblica nello specifico.
Alle undici siamo tutti in piazza. Siamo davvero tanti. Cinquemila dice qualcuno. Molte forze dell’ordine a presidiare l’evento.
Qualcuno ha anche preparato qualche cartello sarcastico. «Zanetti disconnettiti» è uno dei più acclamati. Poi c’è «l’evasione non fa lo spesometro» e «basta gettito da sanzioni».
Tanti colleghi e colleghe salgono sul palco, si emozionano nel vedere quanta gente c’è in piazza. Una collega non regge e inizia a piangere. Sarà uno degli interventi più applauditi.
Basta con le semplificazioni al contrario. No alle nuove norme sull’antiriciclaggio che renderanno la vita impossibile. Tanto per citare alcuni degli slogan più applauditi.
Poi si chiede rispetto per le norme dello Statuto del contribuente, da elevare a rango di norma costituzionale, e soprattutto il rispetto per i commercialisti. Senza il nostro lavoro, grida uno dei colleghi saliti sul palco, lo Stato riscuoterebbe la metà delle imposte che riscuote ogni anno.
Non abbiamo mai chiesto niente né vogliamo chiederlo oggi. Ma pretendiamo rispetto e ascolto.
La misura è colma. Tutti invocano alla mobilitazione e allo sciopero della categoria. Sarà il primo in assoluto come è la prima volta nella storia italiana che i commercialisti, tutti insieme e senza divisioni, si sono riuniti per manifestare liberamente e pacificamente il loro malessere che è anche quello dei loro clienti.
La chiusura della manifestazione spetta a uno degli artefici dell’evento, Marco Cuchel, presidente Anc. È arrivato il momento di indire formalmente il primo sciopero nazionale della categoria, tuona Cuchel dal palco, sommerso dagli applausi. Pensiamo di indirlo in occasione della scadenza per la trasmissione della prossima dichiarazione Iva ribadisce il presidente.
Poi la manifestazione si chiude. Le delegazioni prendono le strade del ritorno.
Il nostro pullman riparte. Siamo stanchi, ma potremo dire: il 14 dicembre 2016, la prima volta dei commercialisti in piazza e noi c’eravamo. Andrea Bongi