IL GAZZETTINO
Riforma della giustizia. Dalle intercettazioni alla prescrizione, i nodi ancora irrisolti
A quanto pare i magistrati sono decisi alla protesta e pronti perfino allo sciopero (già in programma, ma che si spera di evitare). I motivi sono da un lato di ordine personale e dall’altro di ordine generale, riflettendo i problemi del processo penale da tempo all’esame del Parlamento e secondo molti destinati a slittare ulteriormente non si sa fino a quando. Prescindo qui dai problemi personali anche se non posso non rilevare che l’intervento del Governo compendiatosi nel noto decreto-legge dell’agosto scorso non solo non ha risolto la crisi delle vacanze ma l’ha in qualche modo aggravata, non fosse altro perché ha accentuato lo scontento generale Del resto non si vede come il governo potesse illudersi di alleviare se non di risolvere il problema disponendo la proroga dell’età pensionabile solo per i vertici della Corte Suprema.
Giustamente si sono sottolineate l’inutilità dell’intervento e il suo carattere fortemente discriminatorio nei confronti di tutti gli altri magistrati di pari età. Allo scontento di carattere personale si aggiungono però considerazioni critiche legate alla riforma del processo penale e alle scelte all’esame del Parlamento. Due sono i problemi più scottanti sui quali si stenta a trovare un accordo di massima. Il primo concerne la prescrizione: è generale il consenso dei giudici e dei p.m. sulla necessità che i tempi della prescrizione siano più lunghi.
Oggi buona parte dei processi si estingue prima di arrivare alla Corte d’Appello. Sul come intervenire per evitare il disastro si discute se allungare il termine per ogni reato oppure se interrompere il corso della prescrizione con la condanna di primo grado ovvero se sospenderla concedendo un nuovo termine (piuttosto moderato, due anni e un ulteriore anno)per i giudizi di impugnazione.
L’interruzione della prescrizione con la prima condanna è certamente la soluzione più semplice e più accreditata tra gli esperti: se il significato dell’istituto consiste soprattutto nella constatazione dell’assenza dell’interesse dello Stato alla repressione si deve riconoscere che un sistema giudiziario che arriva alla condanna di primo grado dimostra di per sé, senza alcun bisogno di ulteriori prove, che non manca e comunque non è ancora venuta del tutto meno la volontà di reagire al delitto. Lasciare correre i termini di prescrizione dopo la sentenza è una contraddizione in termini del tutto ingiustificata. Qualcuno sostiene che con l’interruzione della prescrizione dopo la condanna i processi diventerebbero eterni perché i magistrati se la prenderebbero comoda. A parte l’implicita accusa alla categoria (secondo me del tutto priva di giustificazioni) all’interessato non mancherebbe la possibilità di sollecitare la fissazione dell’udienza magari interessando i capi della Corte.
In ogni caso, in mancanza di un accordo su questa che è evidentemente la soluzione da privilegiare, ben venga anche la proposta del governo di sospensione dei termini. Sarebbe comunque meglio di oggi. Richiamerei in ogni caso l’attenzione sull’opportunità di rivedere il minimo del termine oggi sei anni per i delitti e quattro per le contravvenzioni. La prescrizione corre anche se il reato non è stato ancora scoperto e spesso si è constatato che i termini indicati sono troppo brevi e comunque insufficienti.
Il secondo problema riguarda le intercettazioni: qui si può dire in poche parole che gli interventi sulle utenze di indagati e testimoni vanno decisamente limitati perché anche la riservatezza è un bene giuridico tutelato direttamente dalla Costituzione. Inoltre se non si può ottenere che i testi rimangano riservati per sempre (come sarebbe auspicabile in forza del principio di riservatezza che riguarda anche gli indagati e gli accusati) si deve premere perché la pubblicazione sui giornali sia la più limitata possibile e che in ogni caso comprenda le conversazioni che non hanno connessione con le indagini. Ogni eccezione a tale principio è un affronto alla civiltà e al rispetto delle persone. So bene che molti, anche in Parlamento, sono contrari ad ogni limitazione, ma è comunque necessario sottolineare questo principio che è alla base di ogni rapporto civile. Ennio Fortuna