IL MESSAGGERO
Giustizia, è rinvio
Renzi: no alla fiducia. Numeri a rischio
Senato, la riforma su prescrizione e intercettazioni potrebbe finire
su un binario morto. C`è tensione con Orlando, i dubbi di Ncd e Ala
IL CASO
ROMA I ministri Alfano e Orlando ancora auspicano che la settimana
prossima si ponga la fiducia, autorizzata due giorni fa dal Cdm, sulla riforma
del processo penale. Ma Renzi no. E` contrario. Adduce pubblicamente motivi legati ai contrasti sorti con il presidente Anm Davigo: «Dice – ha osservato il premier – che sono provvedimenti inutili e io ho il dovere
di ascoltare», prima di ricorrere alla blindatura «su atti per la giustizia
che i giudici dicono dannosi ci penso due o tre volte».
Ma un`altra spiegazione il presidente del Consiglio l`ha fornita ai fedelissimi:
«Questo testo non mi convince. Non possiamo mica cadere ora? Io non mi fido affatto di restare aggrappato alla minoranza del partito». I renziani calcano la mano, «Orlando – viene spiegato – si è spinto oltre, da giorni si muove da solo, la sua linea non è concordata con quella del premier».
I DUE FRONTI DEM
Da qui la frenata. Anche se è lo stesso responsabile della Giustizia ad
aver evidenziato i rischi di utilizzare lo strumento della fiducia perché «il
governo può cadere sul serio». «La verità – riferisce un esponente dei
Giovani turchi – è che il premier non vuole metterci la faccia su questo provvedimento». La riforma contiene norme sulla prescrizione e sulle intercettazioni: misure contestate anche all`interno del Pd dove da settimane va avanti lo scontro tra il fronte garantista che considera la riforma troppo vantaggiosa per i magistrati e l`ala giustizialista. «Se Renzi vuole aprire ai desiderata di Davigo, perché ha fatto ritirare gli emendamenti Lumia che andavano in quella direzione? Perché è contro la linea di Casson?», si interroga chi vorrebbe che il ddl vedesse al più presto la luce. Ed invece dopo
lo stop del premier ieri il gruppo dem al Senato ha avanzato la richiesta
– accettata dalla Capigruppo – di un`inversione dei lavori nell`Aula di
palazzo Madama. Martedì prossimo si voterà il ddl cinema, ma a questo
punto pare difficile che ci sia un`accelerazione sul processo penale. Il
calendario da qui a dicembre è affollato.
Il rebus, quindi, non è stato sciolto, ma non si esclude affatto la pista del binario morto. Ovvero rimandare il testo in Commissione o procedere per via ordinaria e al primo incidente parlamentare prevedere l`alt definitivo.
Il problema sono i numeri. Alfano anche nel Cdm di due giorni fa ha assicurato la compattezza del suo gruppo. «Ma – ha spiegato ieri – è evi-
dente che se dovesse essere snaturato a scrutinio segreto il senso di questa
normativa in fase di approvazione, noi il voto finale non potremmo darlo». «Avevamo chiesto di mettere la fiducia – ha ricordato – ma la valutazione
ultima di opportunità compete al presidente del Consiglio.
Su certi argomenti il voto segreto in Aula può rappresentare una tentazione
troppo forte per segmenti giustizialisti: dentro questo provvedimento
ci sono elementi come la riforma delle intercettazioni e la nostra preoccupazione è che a voto segreto si possano realizzare intese tra giustizialisti dei 5Stelle e giustizialisti interni ad alcuni settori del Pd». Allo stato il partito del Sì e quello del No al provvedimento si equivalgono.
Pd insieme ad Ap arriva a quota 142. Ma in molti hanno fatto sapere che potrebbero non votare, soprattutto in Ncd. L`asticella dei contrari ad un`eventuale fiducia toccherebbe più o meno la stessa cifra. Sommando i 10 di Cor, i 42 di FI, i 14 di Gal, i 12 della Lega, gli 8 di Sel, i 35 del M5S e i 18 di Ala. I verdiniani infatti da tempo hanno fatto sapere che sull`allungamento dei tempi di prescrizione non ci stanno e già esultano, considerando le perplessità dei renziani, oltre che quelle degli altri centristi. Il convincimento nella maggioranza è che prima del referendum non si tenterà alcuna prova
di forza. Emilio Pucci