IL SOLE 24 ORE
Sul processo penale maggioranza divisa, il governo rinuncia al voto di fiducia
ROMA. Il no di Matteo Renzi alla fiducia sulla riforma del processo penale arriva come un fulmine a ciel sereno durante il Consiglio dei ministri. E ha il sapore di un’implicita “sfiducia” verso il ministro della Giustizia se è vero, come spiegano a Palazzo Chigi, che il governo avrebbe verificato che «non c’è accordo politico sul testo», sebbene fino a ieri mattina sembrava invece raggiunto e l’artefice (nonché il garante) era proprio Andrea Orlando. Tanto che gli uffici del Senato erano stati avvertiti da via Arenula dell’arrivo di un maxiemendamento, su cui chiedere il voto di fiducia, tra oggi e domani: un testo che, salvo due modifiche (su Opg e conversione della pena detentiva in pecuniaria), riproduceva esattamente quello licenziato a luglio dalla commissione Giustizia e calendarizzato in Aula subito dopo la pausa estiva. «Accelerazione» non gradita al premier Renzi, preoccupato di sgombrare il campo, fino al referendum, da provvedimenti divisivi. Come la riforma del processo penale, che continua a mietere malumori trasversali nella maggioranza, in particolare nel Centrodestra, ma anche tra avvocati e magistrati: è di domenica la bordata del presidente dell’Anm Piercamillo Davigo contro «una riforma inutile e dannosa». Il no alla fiducia lo ha ufficializzato, in conferenza stampa, il sottosegretario alla Presidenza Claudio De Vincenti. «Al momento no», ha risposto a chi chiedeva se il governo avesse deciso di ricorrere al voto di fiducia. Risposta diplomatica, che lascia ancora aperta la questione, ma che rende evidenti le tensioni nel governo. Spiazzando Orlando, che sulla fiducia faceva affidamento, seppure dopo aver votato i primissimi articoli, contenenti misure “popolari” e condivise dalla maggioranza, come l’aumento delle pene per furti, scippi e rapine. Una sorta di compensazione politica rispetto alla forzatura della fiducia sulle norme più contestate – come quelle sulla prescrizione – e per evitare l’incognita di 170 voti segreti. In teoria, il piano di Orlando non è ancora del tutto compromesso: stasera tardi c’è un altro Consiglio dei ministri e Renzi potrebbe fare marcia indietro (ma a 24 ore di distanza sembra improbabile); inoltre, oggi riparte l’esame del Ddl ma solo nel tardo pomeriggio e con le repliche dei relatori, che già avevano chiesto una pausa di riflessione. Dunque, non è detto che si cominci a votare. D.St.