IL MESSAGGERO
Intercettazioni e prescrizione, si corre:
il governo prepara un disegno di legge
IL PIANO
ROMA Per uscire dall`impasse il governo ora pensa a un disegno di
legge che cambi le regole su prescrizione e intercettazioni. Un cambio di rotta dettato dallo stallo in cui entrambe le materie sono cadute. “Materie” incandescenti, da maneggiare con cura, dati i tempi. L`esecutivo aveva previsto di inserirle nel ddl del processo penale il cui testo, dopo essere stato approvato alla Camera, giace in commissione Giustizia in Senato da più di
un anno. Ma ora non c`è tempo da perdere.
FUORI CONTROLLO
Il grande orecchio rischia di finire fuori controllo. Un esempio su tutti: il caso del perito dell`inchiesta Why not Gioacchino Genchi. Aveva creato negli anni un archivio segreto. Tredici milioni e mezzo di cellulari schedati. I giudici lo hanno condannato in 1° grado insieme al sindaco di Napoli Luigi De Magistris per abuso d`ufficio salvo assolvere entrambi in appello. Ma il garante per la privacy Antonello Soro – come ha rivelato l`altro giorno il Messaggero – ha inflitto al perito una sanzione pecuniaria di 192 mila euro riaffermando così il principio che spiare dalla cornetta gli italiani e conservare i tracciati in un date base sia per lo meno da multare. Mai come in questo caso assoluzione e condanna stanno agli antipodi. Li separa la zona grigia in cui ristagna la riforma delle intercettazioni. Il Guardasigilli Andrea Orlando di recente ha riconfermato la volontà di mettervi mano.
Ma la strada non sarà riformare il processo penale lasciando al governo la delega sulle intercettazioni e la prescrizione. Perché la riforma è al palo. E perché all`interno della maggioranza coesistono punti di vista diversi tra Pd e Ncd. Come uscirne? Matteo Renzi aveva chiesto di accelerare i tempi. Secondo alcuni avrebbe voluto affrontare e chiudere il discorso già nel 2015. Il caso-Boschi, le dimissioni del ministro Guidi, le tensioni con gli alleati sulle unioni civili, hanno convinto il premier che sarebbe stato meglio lasciare il testo in stand-by al Senato. Nel frattempo le procure italiane hanno iniziato ad autoriformarsi. Pignatone a Roma, Spataro a Torino, Colangelo a Napoli.
Ognuno s`è fatto la sue circolari per tutelare la privacy ma salvaguardare uno strumento «insostituibile per le indagini».
LA SOAP-OPERA
«Il caso del perito informatico condannato dall`Autority non è solo emblematico ma anche inquietante – osserva Alessia Morani, vice capogruppo
pd alla Camera – l`idea che qualcuno possa disporre a suo piacimento di intercettazioni che non hanno alcuna rilevanza penale dà da pensare. Una palese violazione del sacrosanto diritto di riservatezza.
Viene da chiedersi continua la Morani – come sia stato possibile che realizzare un archivio di quel tipo abbia comportato solo una sanzione». Per la Morani
non è discussione l`evidente «inopportunità» della telefonata in cui il ministro Guidi rassicura il suo compagno, «ma la soap-opera a puntate a cui stiamo assistendo da giorni». Intervenire «è indifferibile». «Se ci chiedono di sederci intorno ad un tavolo noi ci stiamo apre Francesco Nitto Palma, ex ministro della Giustizia del governo Berlusconi – ma il problema è complesso.
Le esigenze di sicurezza sono un tema serio come lo è il diritto alla privacy. La politica vuole farsene carico o no? Si sente libera dalle pressioni dei magistrati? Inutile girarci intorno il punto è questo». Qualcosa si potrebbe già fare: l`udienza filtro, la distruzione degli ascolti irrilevanti, vietare le cosiddette intercettazioni “a strascico”, rafforzare le norme previste dall`art. 268 di procedura penale.
Ma c`è chi vorrebbe lasciare tutto come ora, «Facciamo lavorare la magistratura senza mettere i bastoni tra le ruote – sostiene Mario Giarrusso, senatore M5S, membro della commissione Giustizia di palazzo Madama – non vedo usi impropri delle intercettazioni che in definitiva sono sotto il controllo di giudici mica di un vigile urbano». Claudio Marincola