RISARCIMENTI: Giustizia è fatta. Ma le condanne non sono più come una volta (Il Venerdì – La Repubblica)

IL VENERDI’ – La Repubblica

Giustizia è fatta
Ma le condanne non sono più come una volta

Dall`acquisto di libri alla pulizia di strade o cimiteri. Così i giudici
stabiliscono risarcimenti e pene alternative su misura a seconda del reato. «È l`evoluzione del diritto»

Quanta immaginazione c`è al potere (giudiziario)? Quale spazio di discrezionalità ha il magistrato nel definire risarcimenti per le vittime, o nello stabilire che cosa deve fare il condannato per ottenere la sospensione della pena? Come le sentenze si adeguano alle complessità del presente, quando il codice lo permette?
C`è una sentenza che solleva domande. L`ha emessa poche settimane fa a
Roma la giudice Paola Di Nicola, al termine del processo contro uno dei clienti delle ragazze adolescenti che si prostituivano al quartiere Parioli. Due anni di reclusione, e fin qui tutto nella norma. Ma nel risarcimento ecco la novità. Al posto dei ventimila euro richiesti dalla curatrice della ragazza, costituitasi parte civile, il giudice decide per una “iniezione” di letteratura e cinema. La lettera del dispositivo recita: “Libri e film sulla storia ed il pensiero delle donne, di letteratura femminile e sugli studi di genere”. Stravaganza? Oppure liquidità pop che si infiltra nelle aule giudiziarie? Nel caso di specie, la risposta è controversa.
Intanto nella sentenza, che sui media è stata riassunta in modo sommario, è più volte specificato che la richiesta di 20 mila euro della parte civile era generica e senza specificità. Tra i giudici di Roma, dove questa parte del verdetto ha suscitato reazioni discordanti, si fa anche notare che risarcire la minorenne con i soldi avrebbe in qualche modo riproposto lo schema del reato. Il passaggio di denaro, appunto, chela sentenza ha voluto evitare quasi citando la richiesta di una lira fatta da Tina Lagostena Bassi durante il dibattimento narrato nel celebre documentario Processo per stupro (1979).
Una analogia però solo simbolica: circostanze e reati sono diversi, così
come è diverso il significato che la sentenza di Roma implicitamente assume
stabilendo per la prima volta un risarcimento “culturale”. La presidente della
commissione Giustizia della Camera, il magistrato Donatella Ferranti, è perplessa. Molto. «Capisco la ratio che ha guidato la giudice, e posso condividere l`idea di fare della cultura una risposta a fenomeni di degrado sociale. Ma il verdetto mi sembra al limite, se non oltre.
La lista di libri e film va benissimo, è anche una buona idea, ma lo sarebbe
davvero se fosse stata aggiunta a un congruo risarcimento. Non sostituendola
ad esso. Il passaggio di denaro? Si poteva imporre al condannato di pagare
corsi e psicologi per gli anni a venire». Cerchiamo allora di disegnare un
perimetro nel labirinto dei delitti e delle pene. La discrezionalità, che permette le sentenze “creative”, non riguarda le cosiddette pene accessorie, che scattano automaticamente nel caso di reati specifici: se il proprietario
di un bar viene condannato per aver abusato di una sua dipendente,
sarà inevitabile il divieto di esercitare la professione. Ma anche dal punto di vista dei risarcimenti la monetizzazione è prassi corrente, e lo “strano” indennizzo deciso a Roma è una sorta di unicum (vedremo se diventerà un precedente, altri imputati devono affrontare un analogo processo).
Le cose vanno diversamente nel caso delle sospensioni condizionali della pena. Qui la casistica della “fantasia giudiziaria” è ampia. Con effetti a volte curiosi.
Alla fine degli anni Novanta, in Campania, una lite tra condomini – entrambi
uomini – finì con la sospensione a condizione che il colpevole donasse un mazzo di rose all`avversario. Dono che fu inizialmente rifiutato e pose un problema mica da poco: se l`obbligo per ottenere la sospensione non viene ottemperato, infatti, scatta la detenzione.
Meno singolari, sempre più diffuse, sono le sospensioni delle condanne per
guida in stato di ebbrezza in cambio di pulizia di cimiteri – è successo a Voghera – oppure di strade, come è accaduto in provincia di Torino. E ancora. A Milano un deejay colpevole di truffa ha patteggiato accettando di “riparare” servendo pasti agli anziani. Recentissimo il caso romano di un uomo reo di detenzione di materiale pedopomografico la cui pena, constatato il pentimento, è stata sospesa in cambio di una donazione ad una associazione di sostegno e assistenza all`infanzia.
Ma definire questa giustizia “creativa” non è del tutto pertinente. Perché, ricorda Ferranti, «si sta parlando di un`evoluzione del diritto che diversifica la pena, renderla sempre più adatta al reato».
L`affollamento delle carceri non c`entra, o almeno non è il punto di partenza.
C`entra invece la Costituzione. Per l`avvocato Carlo Taormina i segnali in questa direzione ci sono, ma troppo pochi. «Il principio della riabilitazione si scontra con un catalogo delle pene rimasto fermo.
Servirebbe lo schema anglosassone, nel quale accertamento della responsabilità e decisione sulla pena da scontare sono due fasi diverse del processo».
Al di là del risarcimento per la ragazza dei Parioli, che forse resterà un caso sui generis, comunque controverso, la pena ritagliata sulla specificità della persona e del reato è una dinamica che riavvicina al fine costituzionale della macchina della giustizia penale. Che sia piantare alberi in caso di reato ambientale o lavorare in un canile per una violenza sugli animali, sottolinea Ferranti, «questa modalità riabilita perché connette chi ha commesso il reato con le sue conseguenze, invece di lasciare che la pena sia percepita in modo astratto». Né stranezza né contrappasso dantesco, insomma. Ma una giustizia più vicina ai cittadini. Tutti. Anche quelli che hanno sbagliato. Marco Bracconi

Foto del profilo di Andrea Gentile

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